domenica 27 settembre 2015

Parla come mangi



Un nuovo triste fenomeno degenerativo si sta diffondendo, approfittando degli appetiti degli utenti, a svilire la bellezza della lingua italiana.
Stiamo ancora combattendo una difficile e strenua battaglia contro il disgustoso errato utilizzo con funzione disgiuntiva del "piuttosto che", con significato analogo a "oppure"; e non si riesce a lenire una ferita che già se ne apre un'altra.
Pare che il grossolano strafalcione del "Vorrei vistare la Spagna, Barcellona piuttosto che Toledo, piuttosto che Siviglia" abbia avuto impunita origine presso la buona borghesia lombarda, il gruppo sociale entro il quale più facilmente l'ignoranza attecchisce e prospera.
E da quegli stessi dintorni sociali snob e vacui dovrebbe essere partito il nuovo contagio debilitante: i menu con l'articolo determinativo.
Sono sempre di più, dai ristorantini che curano l'apparenza piuttosto che la sostanza [ah-haa !], fino ai self-services più dozzinali, i luoghi dove non troverete, per dire:

- Orecchiette ai broccoli
- Sogliola alla mugnaia
- Verdure grigliate

ma, inspiegabilmente:

- Le orecchiette ai broccoli
- La sogliola alla mugnaia
- Le verdure grigliate

Perchè mai ? Che motivo c'è di usare l'articolo ? Non so quanto influiscano sul fenomeno le molte scemenze fornellistiche che affollano i palinsesti televisivi, ma immagino che ci siano dietro, consapevolmente o no, pretese assolutistiche men che ridicole.

Volete farmi credere che c'è una porzione sola ? Se io ordino "i tortellini alla panna" che sono indicati sul menu, poi li scancellate perchè non ne avete altri ? Li avete fatti apposta per me ?
O ammiccate al fatto che dovrei già conoscere le vostre portate ? "La tagliata alla rucola", sì, è proprio quella lì che tu ben sai...
Oppure, più ambiziosamente, pretendeste che l'articolo determinativo vada inteso come indicante la categoria generale ? Così come "Il pollo" è un Uccello dell'Ordine dei Galliformi (Gallus gallus domesticus), "Il pollo alla cacciatora" è una portata del nostro menu: tutti gli altri polli alla cacciatora sono falsi idoli pagani. Non avrai altro pollo all'infuori di me.
O c'è, sotto sotto, un cuoco dalle pretenziosità inconfessabili, ambizioni artistiche fuori luogo ? il Bolero, la Carmen, la Turandot, la Gioconda, la Venere, il Discobolo, la Pasta e ceci ?

Tutto questo sollevamento di fuffa pubblictaria sul cibo, anzichè "nutrire il pianeta", che richiederebbe impegni ben più umili e semplici, ma poco profittevoli, nutre invece futili velleità modaiole. Niente di interessante per il senso del gusto, ma qualche danno per la lingua.

mercoledì 23 settembre 2015

Il truccamotori

https://www.youtube.com/watch?v=G9ElioW0AOA


Come tutti gli anni, sono sempre istruttivi i premi IgNobel, assegnati pochi giorni fa; varrebbe la pena di sviscerare a fondo la logica di ciascuno degli studi premiati, ma per oggi mi soffermerei su quello per l'Economia Gestionale.

Il lavoro (qui se avete voglia di leggerlo, ingegnoso ma piuttosto congetturale) mette in relazione le politiche aziendali messe in atto da oltre 1700 CEOs (Chief Executive Officers, gli Amministratori Delegati) di 1500 importanti aziende degli Stati Uniti, con le probabilità, stimate in base ad anno e luogo di nascita, che siano stati esposti, nell'età cruciale di formazione della personalità (5-15 anni), a gravi disastri ambientali: terremoti, eruzioni, tsunami, uragani, tornado, tempeste importanti, inondazioni, frane, incendi.
La conclusione che si ricava dallo studio è che la relazione non è monotona, ma presenta una tendenza doppia: i CEO che in giovane età hanno vissuto disastri pesantemente coinvolgenti, tendono ad assumere condotte prudenti e conservative (più prudenti di quelli che non sono stati esposti ad eventi ambientali pericolosi); al contrario, i dirigenti d'azienda che sono stati testimoni di disastri ambientali senza conseguenze rilevanti su di sè, risultano più tolleranti all'assunzione di rischi e sono più propensi alle scelte azzardate: tendono ad accantonare meno riserve, ad avere maggiori esposizioni verso i creditori, a fare acquisizioni, contraendo debiti per pagarle, e in generale hanno maggiori probabilità di bancarotta.
E fin qui si parla di scelte economiche spericolate, ma non di violazioni di legge.

Chissà quali esperienze giovanili avranno forgiato la personalità di Martin Winterkorn, CEO di Volkswagen, che ha fatto in tempo a non vedere la guerra (classe 1947), nel Baden-Wurttenberg degli anni '50. Avrà metodicamente eluso il controllore per non pagare il biglietto dell'autobus ? Avrà individuato una porta di servizio per entrare al cinema evitando la cassa ? Avrà congegnato un elaborato sistema di distrazione per sottrarre sigarette al tabaccaio ?

L'uso del software che riconosce l'esecuzione di una misurazione delle emissioni, e modifica i parametri di funzionamento del motore per ridurle entro i limiti di legge, mentre in condizioni di utilizzo normali possono essere anche 40 volte superiori, non è soltanto una frode raffinata nella sua slealtà, è anche qualcosa di peggio se contestualizzata nel momento storico attuale.
Da un secolo a questa parte il mondo si è infatuato dell'automobile: libertà, potenza, velocità, e tutta l'iconografia neo-mitologica che tanto esaltava poeti futuristi ed esteti della belle époque. Passata la belle époque e morto D'Annunzio, ci ritroviamo con città costruite attorno all'automobile, tanto il suo uso è scontato; sempre più spazio sacrificato a strade e parcheggi, tanto il suo uso è invadente; e adesso che prendiamo coscienza dell'invadenza, diventa complicato ritornare indietro; adesso non riusciamo più a rifiutarlo, quel mito del secolo scorso: non riusciamo a farne a meno. E adesso che ci rendiamo conto che sprigionare, quando va molto ma molto bene, 150 g di CO2 per km percorso per trasportare una persona o poco più, è un'insostenibile rovina per il pianeta su cui abitiamo, sappiamo che il feticcio antico ed esaltante ci sta divorando.
Ma questo obsoleto ed insostenibile sistema di mobilità individuale è anche uno dei maggiori circoli viziosi attraverso cui si alimenta l'illusione della crescita economica continua ed illimitata: grandi gruppi industriali producono profitti, armi, automobili e codizionatori d'aria pagando il meno possibile un gran numero di lavoratori sperando che essi acquistino armi, automobili e condizionatori.
E poichè l'illusione della crescita economica prevale sull'uso razionale delle risorse, anzichè ripensare drasticamente le strutture urbane per ridurre al minimo l'uso individuale dei motori, e progettare sistemi di mobilità meno dissipativi, abbiamo escogitato stratagemmi e mezzucci per mantenere in auge l'insostenibile automobile.
Ed eccoci ai fittizi standard ecologici: ogni qualche anno, si fa finta di fissare parametri più restrittivi sui gas di scarico prodotti, con differenze irrilevanti che permettono ai nuovi veicoli di fregiarsi di una categoria superiore di eroismo disinquinatorio. Con l'ovvia funzione di togliere dalla circolazione i modelli più vecchi per incentivare produzione e vendita dei nuovi, con ben miseri benefici per l'aria di noi tutti e per il clima, ma a quasi esclusivo vantaggio dei fabbricanti e dei loro profitti.

E dopo avere piegato il futuro del nostro pianeta alla tua sete di denaro, caro Amministratore Delegato di industria automobilistica, dobbiamo anche sentirci raccontare che non riesci a rispettare manco quegli standard di tutto comodo senza truccare i controlli ?
Che la merce che vendi rilascia ossidi di azoto e particolato in quantità 40 volte superiori ai limiti che fingi di osservare ?
In Germania ci sono oggi 5 milioni di asmatici. Quanto contribuisce a tale cifra il particolato degli scarichi dei vostri motori diesel ?
E quanti altri software truffaldini ci sono in giro ? Quante altre aziende li usano ? Quanti altri Winterkorn governano le aziende ? Quanti CEO avranno ricevuto dalla loro formazione giovanile l'impulso ad infischiarsene del danno alla collettività, se se ne ricava profitto ? Quando parlano della concorrenza come della Santa Provvidenza che rende il capitalismo un Paradiso di pulizia e rettitudine, dove nascondono le mani ?

martedì 15 settembre 2015

Evvaàaiii !!!


In Italia è il momento di stringere i tempi sulle Riforme Costituzionali, che hanno lo scopo di creare sufficiente caos istituzionale da permettere al primo aspirante cacicco che prende dai suoi parenti e clienti un mezzo voto in più degli altri, di ergersi a Uomo della Provvidenza.
E in questa fase cruciale, il Capo del Governo e cacicco in carica, in quattro e quattr'otto vola a New York per assistere alla finale tra due italiane in uno dei più importanti tornei di tennis.
E molti storcono il naso.
Storcere il naso ? Ma piuttosto diteglielo:
diteglielo che i giocatori italiani stanno primeggiando nel Master di golf a Singapore;
che gli atleti azzurri dominano nel sollevamento pesi in Namibia;
che la squadra nazionale è la favorita del Campionato Mondiale di Hockey a rotelle Kamchatka 2015;
che le nostre ragazze stanno facendo faville nel Torneo Internazionale Femminile di lancio del tronco nelle Isole Orcadi;
che le coppie italiane surclassano gli avversari nell'Incontro Intercontinentale di canasta nella Terra del Fuoco;
che le ragazze azzurre spadroneggiano nel Meeting Mondiale Femminile di frisbee nel deserto di Atacama; uguagliate dai ragazzi nel Meeting Mondiale Maschile di frisbee nelle Isole Aleutine;
che stiamo conducendo alla grande il Campionato del Mondo di schiacciamento zanzare sulla foce del Mekong;
che la squadra italiana è in testa alla gara di caccia al tesoro di Monte Wilhelm in Nuova Guinea;
che il tricolore sta per sventolare sul podio del Grande Torneo di palla prigioniera del Klondike;
che abbiamo due equipaggi al comando del Gran Premio di pedalò delle Isole Salomone;
che i nostri marciano verso il trionfo nel Torneo Intergalattico di rubamazzetto a coppie in un luogo segreto nella nube di Oort.
E accidenti, pover'uomo, se non lo tenete informato, lui non ci va.
Diteglielo.

venerdì 11 settembre 2015

Ecce un altro Homo



Non si può trattenere l'eccitazione per la pubblicazione, appena ieri, dei primi articoli (di una serie che sappiamo già essere destinata ad allungarsi parecchio) sulla scoperta dei resti di quella che molto probabilmente è una specie di Homo finora sconosciuta.
Homo naledi si presenta da subito alle nostre conoscenze con una serie di peculiarità che lo rendono affascinante ed enigmatico.
La prima è che, straordinariamente, al primo colpo ne sappiamo già quasi tutto: nella stessa caverna sono stati trovati oltre 1500 reperti di ossa, appartenenti ad una quindicina di individui di entrambi i sessi e di diverse età: il quadro più completo mai visto al primo ritrovamento di una specie sconosciuta.
Il contrappasso è che non sappiamo ancora nulla sulla datazione di questo nostro parente, non si sa quanto stretto (è possibile che non sia un nostro antenato diretto, ma un ramo collaterale dell'albero genealogico). Il luogo del ritrovamento è uno dei siti fossiliferi più famosi e più ricchi del mondo, il dedalo di grotte di Sterkfontein, nelle vicinanze di Johannesburg, in Sudafrica. Ma si tratta di caverne e cunicoli di roccia calcarea, che in diverse circostanze sono collassati e crollati. Quindi i fossili depositati nelle caverne sono circondati e sepolti da rocce più antiche riversate da crolli e frane che rimescolano maledettamente l'ordine stratigrafico.
Inoltre, Homo naledi rappresenta un sorprendente miscuglio di caratteristiche ominine molto moderne e di caratteri che considereremmo ancestrali per gli autralopitecini. Con volume cranico molto piccolo per Homo, ma caratteristiche del cranio molto ominine, cassa toracica svasata verso il basso da australopiteco, pienamente bipede e di postura eretta, con mani idonee a manipolare ed utilizzare strumenti, ma dita piegate da arrampicatore di alberi, presenta una serie di caratteristiche che non hanno nulla di straordinario per la nostra storia evolutiva, ma che appare straordinario ritrovare INSIEME.
La datazione, quando si riuscirà a ricavarla, sarà cruciale: caratteristiche molto moderne emerse precocemente, o caratteri antichi mantenuti molto più a lungo di quanto avremmo finora sospettato ?
Più che sconvolgere la ricostruzione dell'evoluzione umana, probabilmente si smentirà qualche banalizzazione: una è che "l'evoluzione non torna indietro". Finchè rimane potenzialità mutazionale, caratteristiche ancestrali possono ripresentarsi, se risultano vantaggiose in determinate circostanze; è solo quando le diversificazioni si accumulano (anche poco) che diventa estremamente improbabile ripercorrere a ritroso la stessa strada. L'evoluzione non torna indietro sul lungo periodo. E' come percorrere delle strade prendendo una direzione a caso ad ogni incrocio. Dopo uno o due incroci è ancora possibile ritornare indietro con lo stesso criterio, poi no.
E un'altra è quella della sciocca retorica dell' "anello mancante". Seguendola, anelli mancanti ce ne saranno sempre di più; se anche trovassi 10000 forme intermedie, mi troverei con 10001 anelli mancanti tra queste e i due estremi della catena. Ecco un anello mancante, e con caratteri talmente ben mescolati da essere un "anello mancante" quasi perfetto, nel caso a noi più caro "tra l'uomo e la scimmia". Va ad aggiungersi ad una lista ormai tanto lunga che ormai gli "anelli mancanti" non sappiamo quasi più dove metterli. E' un "anello mancante" talmente perfetto che probabilmente non sapremo dove metterlo.

Ma altre peculiarità sono legate alle modalità della scoperta. La caverna da cui sono stati estratti i reperti è la più profonda e inaccessibile di un complesso labirinto. I passaggi per raggiungerla sono talmente stretti che gli scienziati che hanno potuto entrare (sei, tutte donne) sono stati selezionati sia per qualifica accademica, sia per struttura fisica.
E, mentre nelle altre caverne del complesso di Sterkfontein i resti di ominidi antichi si trovano insieme ad altri animali, in questo cunicolo quasi irraggiungibile i 15 esemplari di H. naledi sono da soli, salvo qualche topo e pochi uccelli. Come sono finiti lì ? L'accattivante ipotesi degli scopritori è che ci siano stati portati di proposito, nel più antico esempio conosciuto di sepoltura rituale.
Se si pensa che tra gli antropologi è oggetto di controversia se H. neanderthalensis, il nostro parente più stretto, praticasse riti funerari oppure no, l'idea che una specie con un cervello grande meno della metà (in un ominide di circa 150 cm e 50 kg) seppellisse i morti, chissà quanto tempo fa, è un altro elemento di sconvolgimento. Ma tutto sommato vale il discorso fatto sopra: l'evoluzione non è una strada dritta, anche caratteristiche comportamentali possono apparire precocemente, non manifestarsi più, e poi riemergere. Sappiamo che anche gli scimpanzè hanno consapevolezza della morte, anche se non praticano alcun rituale particolare. Perchè non pensare che ominini anche molto antichi operassero attivamente per non dover coesistere con cadaveri marcescenti ?
H. naledi, molto probabilmente, non risulterà essere un nostro diretto progenitore, ma piuttosto un discendente su un ramo parallelo da qualche antenato comune; però mi aspetto, dal procedere degli studi, luci nuove sulla nostra storia profonda.

(immagine da www.nature.com)

martedì 8 settembre 2015

Tornasole


Immagino che non tutti abbiano dimestichezza con l'oggetto, quindi ritengo necessario presentarlo, pur se in modo grossolano e accessibile ai non esperti.
Un pHmetro serve a misurare l'acidità di una soluzione acquosa. Consiste di un elettrodo in vetro, la sonda che va immersa nel liquido, riempito con un liquido di riferimento, la cui estremità è una membrana, sempre di vetro, molto sottile, sensibile alle differenze di concentrazione di ioni H+ tra l'esterno (la soluzione da misurare) e l'interno dell'elettrodo, che vengono rilevate come differenze di potenziale. Un cavo coassiale collega l'elettrodo ad un apparecchio elettronico che "traduce" tali differenze di concentrazione in valori di pH, cioè di acidità della soluzione.
E' il parente tecnologico e sofisticato delle famose cartine al tornasole, che indicano l'acidità della soluzione in cui vengono immerse con i loro cambiamenti di colore (e che tuttora si usano nelle circostanze ove il pHmetro non può arrivare).
In tanti anni di più o meno onorato servizio, di pHmetri ne ho visti un pò, e qualche volta mi sono passati per le mani elettrodi nuovi di trinca; non sono oggetti che si buttano via e si sostituiscono tutti i giorni, ma qualche elettrodo nuovo di fabbrica mi è capitato.
Trattandosi di oggetti estremamente delicati (la rottura della membrana di vetro è tra gli eventi più facilmente classificabili come sciagura in un laboratorio), vengono forniti con tutte le precauzioni possibili nell'imballaggio: scatole rigide con alloggiamenti sagomati in gommapiuma, polistirolo espanso, e qualsiasi ammortizzatore di urti possa essere immaginato.
L'ultimo baluardo della protezione è un cappuccio di plastica spessa, a tenuta, che avvolge l'estremità, la parte più delicata, dell'elettrodo, mantenendola immersa in un sottile velo di liquido (non bisogna mai lasciare che la membrana si secchi completamente). Il cappuccio di plastica, riempito dell'apposito liquido, può essere poi riapplicato se l'elettrodo non viene utilizzato per un pò di tempo.
Quello che in tutti questi anni non mi era mai capitato, è stato notare, sul cappuccio di protezione, la scritta, grande quanto le modeste dimensioni dell'oggetto possono permettere "Remove before use".
I motivi che possono avere indotto il fabbricante ad introdurre una simile avvertenza spingono la mia immaginazione verso scene sconfortanti.
Però, in fondo, nel figurarmi uno studente alle prime armi che immerge in una soluzione la sonda con tutto il suo involucro di plastica, leggo la cartina al tornasole dell'ingenuo e propulsivo entusiasmo con cui masse di giovani si accostano giorno per giorno alla scienza. L'importante è il desiderio e l'ambizione di comprendere qualcosa in più del nostro mondo e della natura. Poi, su questa strada, uno dei primi passi sarà imparare che occorre togliere il cappuccio.