domenica 24 maggio 2015

Mostri assortiti


Oggi, passeggiando per il centro della città, sono entrato nella mia usuale libreria e ho comprato "Cari mostri" di Stefano Benni. Indossavo una delle mie magliette vetuste, di colore giallo, e quando, non avendo altri oggetti ad ingombrarmi le mani, ho rinunciato al sacchettino, la cassiera mi ha raccomandato di tenere il libro appoggiato sul petto col braccio piegato, perchè la copertina si intonava cromaticamente molto bene.
A parte l'innegabile valore del consiglio, immagino che i miei lettori non troveranno questa avventura tanto emozionante da meritare la pubblicazione.
Il punto è che oggi è domenica.
Ragioniamo.
Come ogni domenica, molti negozi erano aperti, e grandi magazzini e supermercati erano aperti tutti. Liberalismo.
Si parte dalla formula trita e ritrita che risale alle utopie ottocentesche di Adam Smith: se si lascia ciascuno libero di perseguire il proprio personale interesse, la somma di tutti i singoli interessi individuali finirà per produrre il massimo possibile del benessere e della ricchezza per la collettività.
Un principio palesemente fasullo al quale quasi tutti hanno voluto credere, o far finta di credere, da quasi 200 anni con la stessa cieca irrazionalità con cui si ha fede in una religione.
Quando ero giovincello, gli orari di apertura degli esercizi commerciali erano rigidamente regolamentati; la liberalizzazione fu il frutto di una battaglia, condotta principalmente dalla grande distribuzione (che ha disponibilità di dipendenti da far ruotare in turni), quindici, venti o trent'anni fa, vattelappesca (noi vecchi confondiamo le distanze dei ricordi), ed essendo i richiedenti molto potenti, la battaglia non fu nè lunga nè difficile.
Il grimaldello fu la libertà di orario già concessa agli esercizi commerciali nelle località turistiche. Non sono andato nemmeno a documentarmi, perchè non mi interessa qui nè il quando nè il come, mi interessa il meccanismo.
Vediamo dunque come, liberando il commercio dai lacci e lacciuoli delle regole sugli orari di apertura, la mano invisibile di Adam Smith porta ricchezza e prosperità al consesso civile tutto.
Se ho un desiderio irrefrenabile di fagioli una domenica, e mi accorgo di avere esaurito le riserve leguminose nella dispensa, il fagiolivendolo aperto quel giorno avrà un vantaggio rispetto al concorrente che tiene la rivendita chiusa. E questa è la spinta iniziale verso la liberalizzazione degli orari: conquistare il vantaggio dei possibili acquirenti domenicali. Bene, bravi, viva la libertà.
Ma se io consumo, putacaso, un kilo di fagioli all'anno, non è il trovare negozi aperti la domenica che mi spingerà a consumarne 2 kili.
Quindi, nel momento in cui sono aperti tutti i fagiolivendoli tutti i giorni, il vantaggio iniziale si azzera. La quantità totale di acquisti sarà sempre la stessa, ripartita sui sette giorni di apertura anzichè su sei. Con la differenza di un giorno alla settimana in più di luci accese, aria condizionata accesa, dipendenti in turno festivo, eccetera: maggiori costi di esercizio, che si rifletteranno sui prezzi, e quindi un danno per tutti.
Però nessuno può più tornare indietro, perchè un giorno di chiusura porterebbe di nuovo uno svantaggio rispetto ai concorrenti sempre aperti.
Lasciare libero ciascuno di perseguire il proprio profitto personale produce un danno a tutta la collettività, e anche agli stessi interessati, alla faccia di Adam Smith.
Il liberismo economico genera mostri, perchè è una delle tante forme di sonno della ragione.
Ma se a tutti, complessivamente, converrebbe la chiusura settimanale, ma a nessuno conviene individualmente, come se ne esce ? Solo regolando rigidamente gli orari, in modo uguale per tutti, alla faccia della libera iniziativa individuale.
W i lacci e lacciuoli !
Se oggi la libreria fosse stata chiusa, lo stesso libro lo avrei acquistato ugualmente in un qualsiasi altro giorno; forse avrei avuto una maglietta altrettanto vecchia di un altro colore, e non avrei potuto giovarmi di un saggio suggerimento estetico; ma questa è una contingenza casuale, non rispondente a principi di politica economica. Di sicuro, l'averlo acquistato di domenica non mi indurrà a comprarne due copie.

venerdì 1 maggio 2015

Per ExPorci


Il 31 marzo 2008, Milano otteneva trionfalmente l'assegnazione dell'Expo 2015, a sempiterna gloria dell'allora sindaco Letizia Moratti, superando la concorrenza di Smirne.
Non occorreva una dotazione speciale di acume per comprendere che lo scopo fondamentale dell'Esposizione Universale a Milano era una gigantesca speculazione edilizia dalla quale lo storico sodale della Moratti, Ligresti, il principe dei cementificatori lombardi, avrebbe potuto lucrare fior di milioncini. In cambio, si metteva in vetrina, per il pubblico, la promessa della piantumazione di 40000 alberi nel territorio comunale (non sono ancora passato a guardarli, ma chissà quanto sono belli quei 40000 nuovi alberi); 70 Km di piste ciclabili dal centro ai vari quartieri di periferia (non mi è ancora capitato di andare a pedalarle, ma chissà quanto sono belle tutte quelle piste ciclabili); ed altre meraviglie ancora.
Gli anni sono passati, Ligresti è fallito e tutta la sua famiglia è più o meno in galera, il fluire delle tangenti per gli appalti ha perso un pò di direzionalità ed è diventato più caotico e vorticoso, spargendosi e flottando, comunque copiosamente e speditamente, tra speculatori e amministratori, qualcuno della lunga lista dei ladri è stato beccato, si è perso un pò di tempo, i lavori della gigantesca operazione cementificatoria sono in clamoroso ritardo, ma non importa. L'obiettivo è raggiunto, gli speculatori edili avranno il loro guadagno e le tangenti sono state intascate. Il resto non conta.
All'ultimo, ma proprio in fine in fine, occorreva un pretesto, una scusa, un motivo, un tema per una Esposizione Universale: qualcosa di bello, di edificante (!), che piaccia alla ggente e che non impegni.
Si è scelto "Nutrire il pianeta"; avrebbe potuto essere "La pace nel mondo" o "Nuove tendenze della moda in cappelleria: dalla tesa larga alla visiera". Indifferentemente.

E finalmente, signore e signori, eccoci qua. L'evento abbia inizio, strutture pronte o non pronte, è irrilevante: una volta definite le destinazioni dei flussi di denaro, la tempistica è trascurabile.
"Nutrire il pianeta" è una grande occasione pubblicitaria per le aziende interessate a nutrirne una piccola parte.
Qui troverete gli imprenditori dalla faccia simpatica, quelli sempre in vista che producono cibo con l'ambizione di produrre moda, alimentazione-fashion per nutrire i ricchi del pianeta. Alimentazione sana, salutista, original-tradizionale, tipicizzata, griffata e soprattutto elitaria.
Qui troverete gli imprenditori dalla faccia antipatica, quindi senza volto e che non si vedono mai. Troverete Monsanto, che vende nel sud del mondo i suoi semi di varietà geneticamente modificate, promettendo le rese esorbitanti per le quali sono state selezionate nel nord del mondo, con fertilizzazione ottimale e irrigazione a volontà, e vincola gli agricoltori con contratti-capestro pluriennali. E quando l'agricoltore si accorge che sul suo suolo miserabile, e gli spiriti degli antenati che non hanno le conoscenze giuste per far piovere nei momenti appropriati, la varietà brevettata rende molto meno delle varietà locali selezionate sul posto, è comunque obbligato a ricomprare ancora i semi brevettati. Perchè le piante brevettate hanno ovari sterili, e non sono riproducibili. Sono sterili gli ovari, ma le antere no; il polline vola liberamente, anche sul campo del vicino, che si coltiva il suo mais autoprodotto da generazioni. E l'anno dopo il vicino si vedrà arrivare l'agente della Monsanto che pretenderà i diritti di proprietà intellettuale e lo accuserà di avere rubato i preziosi geni brevettati.
Troverete le aziende talmente antipatiche che mimetizzano anche il proprio nome sotto qualche marchio succube. Troverete la Nestlè, responsabile di una delle più gravi crisi sanitarie della storia dell'Africa, per avere offerto confezioni gratuite di latte in polvere alle donne, per indurle ad abbandonare l'allattamento al seno, senza considerare la qualità scadente dell'acqua potabile.
Troverete le banche che finanziano il commercio di armi, quelle italiane sono gloriosamente sulla prima linea del fronte in questo ramo di attività, e alimentano (e in questo caso altrochè se alimentano) le guerre in ogni angolo del mondo, che spostano dalle loro terre interi popoli.

Ed oggi sono tutti qui, uniti nel grande afflato di voler nutrire il pianeta. Ma nutrire il pianeta non sarebbe un problema, se è vero, come sembra, che il cibo sprecato nelle aree ricche è quattro volte quello che sarebbe sufficiente a nutrire le aree povere. Il problema è semmai l'accesso al cibo dei popoli che sono stati depauperati da quattro secoli di colonialismo, e ancor più da 50 anni di post-colonialismo, di tutte le loro risorse, che sono servite a nutrire il nostro cosiddetto sviluppo.
Il sud del mondo, che ha dato terra e risorse alla pinguedine del nord, semplicemente non può pagare il suo pane. E' il Libero Mercato. L'accesso al cibo si paga. Se tu non puoi pagarmi perchè io ti ho già portato via tutto, ti arrangi.
Spiegate alle aziende che oggi espongono i loro luccicanti alimenti sotto i riflettori dell'Expo, che per nutrire il pianeta non c'è da fare profitti, e assisterete al prodigio dello squagliarsi e svanire di ogni accattivante propaganda.

Tutto questo Festival Mondiale dell'Ipocrisia si svolge, ad esempio, in un paese nel quale un referundum popolare ha sancito, in un'epoca storica tutt'altro che lontana, che l'acqua potabile è un bene vitale, e non può essere equiparata ad una qualsiasi merce da cui gestori privati possano ricavare profitti. Per i Governanti di questo Paese l'espressione della volontà popolare è stata uno scorno insopportabile, e non passa giorno che non ci siano tentativi di aggirare l'esito del referendum e riportare la gestione dell'acqua alla mercè del libero lucro dei privati e del Libero Mercato. Eppure quegli stessi Governanti oggi sono qui, gonfi di ignoranza e pappagorge, a vantare il loro desiderio di nutrire il pianeta. E sono sinceramente convinto che nutrire il pianeta rimarrà la loro idea-giuda, il loro impegno prioritario per quasi mezza giornata.

Ma perchè fermarsi all'ipocrisia al quadrato ? La localizzazione dell'esposizione manifesta un'ipocrisia al cubo: all'interno del Paese di cui sopra, ci troviamo, con l'impegno di sfamare, nella Regione più infame di tutte: quella in cui la propaganda di maggior successo tra l'opinione pubblica è quella che qualifica gli affamati che si spostano nel mondo come dei criminali da fermare, respingere, affondare, affogare.

Il Libero Mercato, la più vasta e potente organizzazione terroristica operante nel mondo, produce fame e miseria da una parte, ed Esposizioni Universali dall'altra.
Eccoci qui oggi, ad inaugurare un evento che è la negazione di se stesso.