martedì 28 febbraio 2012

Il Sol dell'Avvenire


Vi invito a leggere i più recenti attacchi bigotti all'evoluzionismo comparsi nell'ultimo mese su L'Avvenire ad opera del signor Giorgio Liverani.


Non mi permetto di mettere in discussione la risposta di Telmo Pievani, che trovo fin troppo garbata; credo che sia utile però tornare ancora una volta ad esaminare in modo più puntuale alcuni degli ossessivi svarioni che i creazionisti ci mettono sotto il naso con esasperante frequenza.
Come primo punto vorrei, io da buon ultimo, rimarcare la confusione che si vuole forzatamente indurre sul concetto di "teoria" presentato al pubblico come ipotesi astratta e non suffragata da fatti.
L'evoluzione è innanzi tutto un fatto, ed è tra i fatti meglio documentati della natura. Si cerca quindi di elaborare una teoria per spiegare i meccanismi attraverso i quali il fatto si è verificato. Se nei 153 anni dalla pubblicazione de L'Origine della Specie ci sono state fasi di dibattito, anche acceso, sulla teoria, nessuno scienziato serio si è mai più sognato di mettere in discussione il fatto dell'evoluzione. Ricorderei che all'inizio del '900 le leggi di Mendel erano viste come una smentita all'impianto darwiniano, poichè minacciavano il gradualismo del cambiamento e suggerivano che nuove specie potessero sorgere solo "a salti" attraverso grosse mutazioni. Si è dovuti arrivare al periodo tra le due Guerre Mondiali per comprendere ed integrare completamente la Genetica all'interno della teoria dell'evoluzione. Negli ultimi quarant'anni il dibattito teorico si è sviluppato principalmente sui tempi e i ritmi del cambiamento evolutivo, ma nessuna delle "fazioni" contrapposte ha mai proposto alcun dubbio sull'evoluzione in sè, ed il frutto di tanta vivacità di idee è una teoria sempre meglio affinata e sempre più adeguata ad interpretare i fatti osservati. Nè più nè meno come in tutti i grandi temi della scienza: l'esistenza di diverse teorie sulla struttura e sull'origine dell'Universo non ci produce alcun dubbio sul fatto che l'Universo esista; e l'esistenza di una "teoria" della gravitazione non implica che si debba dubitare che le mele caschino per terra. Nè le mele hanno smesso di cadere quando la teoria Einsteiniana della gravitazione si è proposta ad ampliare quella di Newton; e mentre fisici, matematici ed astronomi dibattevano sulla adeguatezza o meno del nuovo impianto teorico i pianeti hanno continuato a girare sulle loro orbite come se nulla fosse, ignoranti come capre ed insensibili al progresso scientifico.
I fatti esistono, e le teorie li spiegano: il fatto non è alternativo alla teoria.

Sulla falsità della incompatibilità tra "caso" e "scientificità" non si può che sottoscrivere quanto scritto da Pievani: in realtà niente è più esattamente prevedibile, su grandi numeri, di ciò che è completamente casuale. Aggiungerei che gli ultimi affinamenti della teoria dell'evoluzione, quelli ai quali ho fatto cenno sopra sui tempi e ritmi del cambiamento, in realtà, se proprio vogliamo sottilizzare, tendono ad allentare il vincolo deterministico dell'adattamentismo e semmai possono attribuire alla casualità nella sopravvivenza di certi gruppi rispetto ad altri un ruolo ancora maggiore nel percorso della storia; quindi resterà per ora vana la speranza del povero Liverani di vestire "il lutto per la sepoltura della teoria darwiniana del "caso" e del "più forte".
Vorrei invece portare l'attenzione su queste ultime due paroline buttate lì con indifferenza ed invece rivelatrici di un retroterra culturale ben identificabile. Perchè "il più forte" ? Chi ha mai parlato del "più forte" ? La selezione naturale, posta da Darwin al centro dell'evoluzione come motore del cambiamento, implica la sopravvivenza preferenziale del "più adatto", non del "più forte". Potete capire al volo che non è la stessa cosa.
Eppure è una confusione che viene introdotta spesso nel parlare comune. E, guarda caso, non a caso.
La forza è un qualcosa di, in qualche modo, misurabile: chi è più forte è più forte sempre; una superiorità basata sulla forza sarebbe ineluttabile ed assoluta. Il più adatto deve il suo vantaggio alle circostanze locali a temporanee del "qui ed ora", e può facilmente perdere tale prerogativa domani e un pò più in là, in favore degli svantaggiati di oggi qui.
La falsa retorica della "sopravvivenza del più forte" è stata introdotta, ad arte ed in modo del tutto artificioso, quando, principalmente nella prima metà del '900, ma con pericolosi e frequenti rigurgiti successivi, si è tentato, illegittimamente, di far valere il principio della selezione naturale anche nelle scienze sociali e nell'organizzazione delle civiltà umane ("darwinismo sociale"), allo scopo di far passare la prevaricazione e l'ineguaglianza come leggi di natura, e pertanto ineludibili.
Trovo piuttosto rivelatore che il giornalista de L'Avvenire incorra nello stesso equivoco.

Ed infine, a proposito della spiritosaggine di Liverani di attribuire un ruolo alla volontà, mi piacerebbe allargare il tema "evoluzione e scelte consapevoli", ma ci vorrà un capitolo a parte, che spero di riuscire a mettere insieme nei prossimi giorni. Quindi, a presto per un seguito.

giovedì 23 febbraio 2012

Intrigo internazionale


Niente di meglio di un bel complotto a base di manipolazione di informazioni e finanziamenti segreti per appassionare i lettori di questo blog.
Già (almeno) dal marzo 2010, Greenpeace accusava apertamente il secondo gruppo industriale privato statunitense, Koch Industries, di finanziare campagne di informazione, Istituti e Fondazioni, e climatologi consenzienti con lo scopo di confondere le acque (e le idee dell'opinione pubblica, e le scelte politiche) sul cambiamento climatico e le sue cause.
L'azienda si era difesa sostenendo di voler favorire "un onesto e aperto dibattito scientifico".
Finanziare i quattro gatti che sostengono teorie negazioniste sulle cause antropiche del riscaldamento della Terra (e che magari si sono convertiti in virtù di una folgorazione improvvisa all'atto dell'erogazione dei fondi), garantendo loro la massima visibilità sui mezzi di informazione per dare l'impressione che la controversia si disputi ad armi e argomenti pari rispetto alla grande maggioranza degli studiosi, non è propriamente corrispondente alla frase tra virgolette, ma così va il mondo delle lobby.
Le Industrie Koch sono un conglomerato di aziende che fanno un pò di tutto e che hanno filiali in tutto il mondo (Italia compresa); ma il loro campo di attività fondamentale è quello della produzione di energia e raffinazione del petrolio, da cui discendono un'infinità di produzioni accessorie e sussidiarie che vanno dalla chimica alla carta, alle fibre, ai polimeri eccetera eccetera. L'interesse diretto ad ostacolare politiche tendenti a ridurre le emissioni di anidride carbonica è già piuttosto evidente, ma non finisce qui. I fratelli Koch, discendenti del capostipite che fondò l'azienda nel 1940, e che detengono l'84 % delle quote di proprietà (Koch non è quotata in nessuna borsa) hanno portato la piccola azienda paterna alle gigantesche dimensioni attuali a suon di corruzione, tangenti a politici, furto di terre agli indiani (sì, negli Stati Uniti si usa ancora), prestanome per aggirare le leggi, pagamenti truccati, violazioni sistematiche alle normative sulla tutela dell'ambiente (oltre 300 cause per inquinamento solo negli anni '90, molte delle quali perse; 400 milioni di dollari di multe nel quinquennio 1999-2003); insomma: lavoro, lavoro e ancora lavoro, come amano dire gli imprenditori quando spiegano le loro fortune. Ma hanno anche una certa quale filosofia di famiglia: già negli anni '50 Koch padre, sostenitore del liberismo più sfrenato, riuscì a costruire una raffineria nell'Unione Sovietica di Stalin; così come oggi i figli, mentre sostengono i rigori politici conservatori di Dio, patria e famiglia, fanno affari con l'Iran aggirando l'embargo attraverso le varie filiali sparse nel mondo (e si dice che quelle italiane non siano estranee a questi traffici). A modo loro, sono in fondo un pò anarchici, che agiscono anche per puro spirito filantropico, non solo per interesse pecuniario. Infatti finanziano a piene mani il famoso movimento dei Tea Party della celebre eminenza grigia Sarah Palin (la candidata alla vicepresidenza degli U.S.A. nel 2008 che avrebbe voluto incontrare il Presidente dell'Africa credendo che fosse una nazione), ed i cui sostenitori invocano Dio al governo.
Oltre all'associazione "Americans for Prosperity" che sostiene finanziariamente i candidati più conservatori alle elezioni statunitensi (i quali, in cambio, hanno in programma di ridurre le tasse alle grandi imprese), hanno fondato anche la "Charles G. Koch Charitable Foundation", una associazione di beneficenza (che come tale gode di esenzioni fiscali) la cui principale attività benefica è quella di rivestire di una sottile patina di pseudoscientificità e pubblicizzare a colpi di grancassa notizie che negano o minimizzano i danni ambientali delle attività inquinanti delle stesse Koch Industries; e finanziano largamente enti come il Cato Institute, che si occupa della divulgazione scientifica di studi che dimostrano che il riscaldamento globale è una balla, e che comunque non deriva dalle attività dell'uomo ma dalle bizze del Sole.
Niente di eccezionale, insomma: una normalissima grande impresa industriale.

E adesso veniamo all'oggi: il 14 febbraio scorso un documento incautamente spedito dall'Heartland Institute è stato pubblicato su DeSmogBlog (lo trovate tra i consigliati qui a destra), e rivela un piano per istituire programmi scolastici ed educativi finalizzati a contraddire i risultati della scienza sul cambiamento climatico.
Tanto per cominciare, l'Heartland Institute è un'altra di quelle associazioni culturali ultra conservatrici indirizzate a propagandare i valori le proprietà benefiche del libero mercato.
Nella documentazione che non avrebbe dovuto diventare di pubblico dominio c'è l'elenco dei finanziatori dell'Istituto. Vi sorprendereste di trovarci, tra i maggiori donatori, una multinazionale della chimica farmaceutica, la Eli Lilly ? Microsoft ? Altria, la proprietaria del tabacchivendolo Philip Morris ? E non poteva certo mancare la Charles G. Koch Charitable Foudation, in buona compagnia: Bayer, AT&T, General Motors ed altri ancora, con elargizioni inferiori.
The Heartland Institute utilizza i fondi ricevuti per finanziare campagne liberiste in favore della privatizzazione delle scuole, per leggi permissive sui movimenti finanziari che "facilitino il business", perchè i nuovi farmaci possano essere venduti prima che il lungo e noioso iter di sperimentazione sia completato, ed altre profittevoli raffinatezze del genere.
Per quanto riguarda effetto serra e riscaldamento globale, The Heartland Institute finanzia un gruppetto di fisici, geologi e meteorologi contrari alle conclusioni raggiunte dalla grande maggioranza degli scienziati, ed opera in modo da dare loro la maggiore visibilità possibile sui mezzi di informazione.
Il progetto dei moduli di insegnamento clima - negazionista, da adattare a scuole di ogni livello, è opera dell'analista politico David Wojick, che ha lavorato per le industrie dell'elettricità e del carbone (ma guarda un pò che combinazione). Il loro scopo è quello di indurre scetticismo sul riscaldamento della Terra indotto dall'effetto serra e sul ruolo delle attività umane nel cambiamento del clima.
Su DeSmogBlog, a risalire dal 14 febbraio, potete seguire tutta la vicenda, con tanto di smentite furibonde dell'Heartland Institute (che era partito col dichiarare falso il documento uscito, per poi dover fare frettolosamente retromarcia), poi le ulteriori conferme, poi le smentite flebili, le conferme più solide, l'outing del climatologo Peter Gleick, a cui era stato proposto in via riservata da una terza persona il progetto, ed ha rivelato di essere stato lui che, per vederci più chiaro, ha richiesto i documenti sotto falso nome, spacciandosi per una persona interna all'Istituto e li ha divulgati: ha detto di vergognarsi per il sotterfugio, ma ne valeva la pena.
Una avvincente storia di complotti e spionaggio, che ci permette finalmente di toccare con mano quello che sapevamo da tempo: grandi (e anche piccoli) gruppi industriali e istituzioni politiche conservatrici operano attivamente per confondere l'opinione pubblica sull'importanza delle attività umane nel determinare gli sconvolgimenti climatici che ci porteranno ad esiti catastrofici se non sapremo invertire molto rapidamente la rotta, riducendo drasticamente le attività inquinanti, cioè i nostri consumi.
Spiacente per i profitti delle industrie finanziatrici dell'Heartland Institute e delle molte altre similari associazioni di mestatori della disinformazione, ma il tempo stringe e non abbiamo scelta.

mercoledì 15 febbraio 2012

Monza Ladrona


Oggi il ministro Giarda ha comunicato al Parlamento che le famose sedi dei Ministeri a Monza, inaugurate con grandi festeggiamenti e polente l'estate scorsa, tra sorrisi e gote paonazze di Calderoli, e badanti che tentavano di spiegare a Bossi cosa stava succedendo e che non era giornata da dito medio, sono chiuse.
Chiuse dal giorno del giuramento del nuovo Governo, tre mesi fa.
Restituiti i vani vanamente occupati per una fanfaronesca stagione.
Ceduti o riutilizzati i mobili, armadi e scaffali probabilmente desolatamente vuoti.
Ceduti o riutilizzati i computer, nella cui memoria saranno presenti solo le statistiche del solitario "spider", mai giocato con più di due semi.
Staccati i telefoni, presumibilmente utilizzati solo nella pausa pranzo per ordinare sushi di pesce siluro, oppure casseula take-away alla rosticceria padano-cinese.
Si spera, per una semplice questione di buon gusto, che siano stati smaltiti ecologicamente i soprammobili.

Non l'avesse mai detto, il ministro Giarda. Calderoli è istantaneamente andato su tutte le furie e ha promesso fuoco e fiamme, anzi "guerra senza quartiere". Dura e crudele vendetta per l'azzeramento del più importante successo politico della Lega Nord da trent'anni a questa parte.
Dunque, per tutto quest'inverno Calderoli non se n'era neanche accorto.
Come il palo della Banda dell'Ortica.

lunedì 13 febbraio 2012

Il Paradosso di Zenone (e quello di Ford)


Il prode guerriero Achille Piè Veloce è subissato dai debiti, sui quali deve pagare interessi strangolanti.
La lenta tartaruga gli offre un prestito con un tasso di interesse agevolato. Con i soldi prestatigli dalla tartaruga, Achille ripianerà il suo debito, interessi compresi.
Per cautelarsi sulle possibilità di restituzione del prestito, la tartaruga impone ad Achille di ridurre le sue spese correnti, e diminuire del 20 % i suoi acquisti quotidiani di ceci e lenticchie.
Poi Achille dovrà restituire alla tartaruga il prestito consistente in: debito iniziale + interessi + interesse (più basso) alla tartaruga (chiamiamoli per semplicità interesse 1 e interesse 2).
Achille si troverà presto in difficoltà a rendere una somma così accresciuta; allora la saggia tartaruga gli offrirà un nuovo prestito agevolato, pari al debito iniziale + interesse 1 + interesse 2; però Achille dovrà rinunciare ad un ulteriore 10 % della sua razione quotidiana di ceci e lenticchie, ed anche alla manutenzione annuale del suo scudo e della sua lancia.
Grazie a tali risparmi spera di restituire poi alla tartaruga una somma pari a: debito iniziale + intersse 1 + interesse 2 + interesse 3.
Ma si troverà indietro con il piano di rientro, e la tartaruga gli offrirà un prestito pari a debito iniziale + interesse 1 + interesse 2 + interesse 3; Achille ridurrà al minimo vitale la sua razione di legumi, ed il prode guerriero chiuderà definitivamente a chiave in cantina il suo scudo e la sua lancia, per poter restituire debito iniziale + int. 1 + int. 2 + int. 3 + int. 4.

E così via.

Riuscirà mai Achille Piè Veloce a raggiungere la lenta tartaruga e ripianare il suo debito ?
Non è questo il dilemma centrale del paradosso.

Ciò che rende tale il paradosso è che lo sviluppo del procedimento impone il fallimento del venditore di ceci e lenticchie, dell'artigiano che lucida gli scudi e dell'officina autorizzata Lancia (erano anni che aspettavo un appiglio per riciclare questa antica battuta, perdonerete).

Ovvero (cerchiamo di ragionare su scala mondiale, non nazionale): c'è una massa di attività economiche che producono merci e servizi. Tali merci e servizi devono essere venduti, altrimenti le attività economiche falliscono.
Merci e servizi possono essere venduti solo in presenza di un potere di acquisto complessivo in grado di assorbirli.
La massa complessiva del potere d'acquisto è data dai redditi di chi lavora alla produzione e distribuzione della stessa massa complessiva di merci e servizi; di chi fornisce materie prime a tutto il processo, dagli investimenti delle stesse attività economiche, eccetera: cioè dai costi che gravano sulla produzione della stessa massa di merci e servizi. Un gioco a somma zero.
Ora realizzo per un attimo il sogno di una vita: identifico me stesso con il Capitalismo Mondiale Globale Totale: se cerco di aumentare i miei profitti riducendo il costo del lavoro e quindi abbassando le retribuzioni di chi lavora per me, perdo possibilità di vendere quello che produco. Gioco a somma zero.
Altro che paradosso di Zenone, è semplicemente il paradosso enunciato da Henry Ford all'inizio del '900: "Se voglio vendere le mie automobili, bisogna che i miei operai siano pagati a sufficienza per acquistarne una."
Estendete il concetto all'Universo Mondo e trovate l'enuciazione dell'impossibilità del profitto. E' gioco a somma zero: il profitto d'impresa e l'accumulazione di capitali non sono teoricamente possibili (come entità complessiva: se uno guadagna, vuol dire che qualcun altro perde).

Se è stato invece (momentaneamente) possibile nella pratica, io credo che ci siano due motivi fondamentali: il primo elemento di distorsione di questo impianto teorico è il debito pubblico. L'indebitamento degli Stati permette di: a) aumentare surrettiziamente il potere di acquisto complessivo attraverso la retribuzione di una quantità di dipendenti pubblici che (udite, udite !) DEVONO essere retribuiti in misura superiore ai servizi che producono, altrimenti non si immetterebbe nel mercato il necessario surplus di potere d'acquisto che permette parte dei profitti delle imprese. Renato Brunetta ricaverà un benefico collasso cerebrale da questo discorso, ma credo proprio che sia così.
E, ben più rilevante: b) dare sbocco commerciale ad una gran quantità di merci e servizi attraverso il debito pubblico stesso, superando il potere d'acquisto complessivo reale. Lo Stato vende ricchezza che deve ancora produrre, e si indebita, per acquistare cemento, asfalto, binari ferroviari ed una gran quantità di altri graziosi oggettini (per lo più cazzate inutili) e garantire profitto ai loro produttori, spostando ancora una volta dallo zero la somma del gioco.

E' necessario che prima o poi i nodi vengano al pettine; non si può vivere eternamente a debito ed è giusto che i buchi vengano colmati: ma si sappia che questo comporta sic et simpliciter il collasso dell'economia di mercato.

Il secondo motivo è la costante espansione: si aprono alle merci sempre nuovi mercati; è chiaro però che un attimo dopo bisogna garantire ai nuovi consumatori un reddito sufficiente a sostenere i loro acquisti, e il gioco ritorna a somma zero. L'espansione continua ed illimitata funzionerebbe piuttosto bene come sostegno del profitto; ma bisognerebbe disporre di un pianeta illimitato con una illimitata possibilità di utilizzazione delle risorse. E non è il nostro caso. All'avvicinarsi della saturazione, il mercato collassa. Ed eccoci qua.
Se ora sento da illustri economisti prospettare riprese di crescita fondate su rilanci dei consumi, dovrò domandarmi: fanno finta, e cercano di tenere su di morale il popolo voglioso di nuova moda e nuova telefonia, o davvero dispongono solo di strumenti culturali da impero britannico vittoriano, fondati sul progresso ineluttabile ed inarrestabile ? Vorrei credere che ci facciano, che simulino inconsapevolezza che, a mondo saturo, i consumi non potranno mai più crescere, non fosse altro perchè il nostro piccolo ed ipersfruttato pianeta non se lo può permettere. Ma i provvedimenti che prendono parlano chiaro, purtroppo: non ci fanno, ci sono. I nostri tecnocrati sono ancora all'economia dell'epoca coloniale.

giovedì 9 febbraio 2012

Il Fondo


La notiziola scovata in fondo ai giornali di oggi era troppo succulenta per non suscitare qualche curiosità: il Consiglio Regionale della Campania, che non si riuniva più dal 16 gennaio (per il piano rifiuti), è tornato in attività appositamente per approvare la legge che istituisce l'Albo Professionale regionale dei maestri di sci, definisce l'ordinamento della professione di maestro di sci e delle rispettive scuole, individuando l'altopiano di Laceno (mille metri di altitudine in provincia di Avellino) come sito più appropriato, anche perchè unica stazione sciistica della Campania, ancorchè poco frequentata.
Incuriosisce che alla questione venga attribuita tanta importanza da impegnare il Consiglio Regionale per una apposita seduta.
Ma l'intersse si ingigantisce quando si scopre che, dopo l'abbandono dell'aula per protesta da parte dell'opposizione, i presenti sarebbero stati 29, ma i votanti 31, permettendo così il raggiungimento del numero legale per un pelo. 26 favorevoli, legge approvata. I due che hanno votato a loro insaputa hanno promesso di rivolgersi alla magistratura, e si vedrà quali saranno gli sviluppi.
Ma dunque, la professione di maestro di sci in Campania è così fondamentale da spingere i promotori della legge a prendersi tutti questi rischi ? Quanti voti potranno mai portare al cacicco feudale interessato maestri, gestori di impianti, noleggiatori di sci e venditori di scarponi ? Mettiamoci anche la ditta di manutenzione dei cannoni sparaneve, chè leggo che a Laceno si vede neve naturale giusto in questi giorni, ma da anni solo con l'innevamento artificiale la stazione invernale funziona (poco).
Non si intravede la possibilità di assunzioni in massa di parenti e amici in posti pubblici, è difficile ipotizzare appalti lucrosi per l'istituzione di un albo professionale, cosa mai ci può essere sotto, come spinta motivazionale per aprire le porte dell'insegnamento dello sci ai maestri beneventani, che saranno certamente portatissimi, ma dubiterei della loro numerosità ?
C'era qualcosa che non mi quadrava in tutta questa priorità alpinofila, a causa della mia inguaribile ingenuità. Indagando un pochino, si scopre poi che "Il conseguimento dell'abilitazione è subordinato alla frequenza di corsi di qualificazione professionale, di natura tecnico-pratica, didattica, culturale ed al superamento dei relativi successivi esami, davanti ad una apposita commissione specificamente disciplinata."
Adesso il quadro comincia a definirsi meglio: enti di formazione professionale, corsi di formazione, ecc... implicano automaticamente fondi che piovono di qua e di là, incentivi all'occupazione, fondi europei, finanziamenti per la qualificazione del lavoro, sovvenzioni varie, e bla bla bla... e così si chiarisce un pò dove si va realmente a parare. Non conta quanti siano i cittadini campani che aspirano a fare i maestri di sci, conta che venga avviato qualche corso di formazione ben sovvenzionato con qualche fondo pubblico. Ora sì che i conti tornano meglio.
“Un provvedimento atteso da oltre vent’anni, che dà risposte concrete a esigenze altrettanto concrete” è stata la stonatamente pomposa dichiarazione della firmataria della proposta; ma lei stessa non ce la fa a sostenere che sia l'incremento occupazionale l'effetto più atteso del provvedimento: “Se fosse anche solo uno a trovare lavoro, ne saremmo felici”.
E chi è questa simpatica firmataria di leggi stravaganti ? E chi volete che sia: la consigliera regionale Sandra Lonardo, per chi avesse la memoria corta conosciuta anche come Signora Mastella.

lunedì 6 febbraio 2012

Il pollice di chicchessia


Uno degli animali ai quali un pò tutti si sentono affezionati è il Panda gigante, che appartiene alla famiglia degli Ursidi, e quindi è un Carnivoro fatto e finito. Da chissà quanto tempo, però, si è convertito ad una dieta vegana (dubito che lo abbia fatto dopo avere visitato un mattatoio, come capita a molti Primati), e si nutre quasi esclusivamente di bambù. Vive in ristrettissime aree montagnose della Cina centro-occidentale, in foreste costituite dal suo cibo preferito.
Uno studio recente ha rivelato che conserva ancora in buona approssimazione i batteri intestinali tipici dei suoi simili Carnivori, e solo in piccola parte ha cambiato la microflora ospitata nel suo troppo breve tubo digerente verso una composizione più da erbivoro; conserva una dentatura da Carnivoro, con inutili canini che non feriranno mai nessuna preda.
La scarsa erbivoritudine del suo apparato digerente fa sì che non riesca a sfruttare efficientemente l'energia del proprio alimento, tanto che ne deve mangiare ogni giorno più del 40% del suo peso (come se io dovessi mangiare ogni giorno tutti e solo 28 Kg di lattuga: a parte la tristezza, dico...); però il fatto di non avere nemici naturali, e di nutrirsi di bambù vivendo in mezzo al bambù lo facilita alquanto, e gli permette di passare la maggior parte della sua giornata a sgranocchiare foglie e germogli.
Insomma, diciamocelo: come erbivoro è ancora un pò un disastro (e forse risulta simpatico anche per questo).
Ma qualche adattamento singolare alla sua peculiare vita insalatara il Panda lo ha sviluppato: nel suo saggio più celebre, Stephen Jay Gould ha reso il pollice del Panda il paradigma di un modo di osservare l'evoluzione.
Riassumo per quei pochi: quello storico saggio di Gould ebbe una preparazione complessa: una sottile trama diplomatica tra Henry Kissinger e Richard Nixon da una parte, e Mao Zedong e la dirigenza del Partito Comunista Cinese dall'altra. Il passo preliminare fu un celebre incontro tra le nazionali di ping-pong di Cina e Stati Uniti, nel 1971, a cui seguirono la altrettanto storica visita del presidente Nixon in Cina nel 1972, ed infine l'evento fondamentale: il dono da parte della Repubblica Popolare Cinese di una coppia di panda giganti allo zoo di Washington. Gould, geologo e paleontologo dell'Università di Harvard, si precipitò subito ad accogliere i nuovi arrivati, e vide subito vacillare qualche certezza scolastica.
Innanzitutto, osservò con sconcerto che i panda arrotolavano le foglie a mò di sigaro per portarle alla bocca manipolandole abilmente con un pollice flessibile quasi perfettamente opponibile, che avrebbe dovuto essere una caratteristica unica dei Primati; ma, soprattutto, le altre dita, parallele all'asse del braccio, erano cinque: quindi il Panda gigante aveva sei dita, contravvenendo a tutte le regole conosciute (ne abbiamo parlato proprio recentemente).

Gould corse a consultare la bibliografia disponibile, ed apprese che quello che appariva come un pollice non era un vero dito, ma un ingrossamento del sesamoide radiale, un osso del polso.

Gli antenati Carnivori avevano indirizzato tutte le cinque dita allo scopo di colpire e graffiare (allo stesso modo, molti dei nostri parenti scimmieschi hanno conservato l'opponibilità dell'alluce e la prensilità del piede dei Primati primordiali; noi oggi non potremmo più recuperare tale funzionalità, sacrificata per una migliore camminata da quando abbiamo smesso di arrampicarci sugli alberi), e quando la dieta del Panda si orientò verso vegetali che non scappano, ma devono essere puliti ed arrotolati, ed ha reso vantaggioso disporre di un pollice, questo è stato recuperato utilizzando un altro "pezzo" osseo, con un'opera di bricolage poco elegante dal punto di vista ingegneristico, ma tutto sommato funzionante.
Di qui il principio di fondo del "pollice del Panda": gli adattamenti perfetti ci raccontano, tutto sommato, poco sull'evoluzione; sono le soluzioni arrangiaticce e raffazzonate che ci mostrano in maggiore evidenza i cartelli indicatori della storia.

Ero del tutto ignorante su una cosa in realtà conosciuta da tempo, ma che ho appreso solo qualche giorno fa: anche le talpe (non tutte: le specie diffuse nell'emisfero Nord) hanno un "sesto dito" agli arti anteriori. Le talpe (Soricomorfi, uno dei diversi Ordini in cui è stato smembrato il vecchio e prestigioso, ma troppo variegato, gruppo degli Insettivori) non hanno particolari esigenze di destrezza nella manipolazione di oggetti: le loro zampe anteriori sono arnesi da scavo, ed il dito supplementare porta vantaggio nell'aumentare la superficie utile del badile.
Ebbene, anche in questo caso il falso dito in più è un'espansione del sesamoide radiale.


Nella vista dall'alto dello scheletro della talpa, è ben riconoscibile il sesto falso dito agli arti anteriori, originato dall'osso sesamoide radiale del polso


Infine, aggiungiamo ora una scoperta invece molto recente (pubblicata su Science il 23 dicembre scorso): anche gli elefanti hanno un "sesto dito", sia agli arti anteriori che posteriori. A quanto pare nessuno se ne era accorto perchè è completamente immerso in un cuscinetto di grasso. Anche le zampe degli elefanti non sono rinomate per la destrezza e la precisione nella manipolazione degli oggetti, ruolo riservato invece a quel prodigio che è la loro proboscide. In questo caso, l'utilità è quella di avere un pilastro in più su cui ripartire lo scarico a terra dell'enorme peso sopportato da ciascuna zampa; se infatti i loro più lontani antenati Proboscidati erano plantigradi (poggiavano cioè l'intera pianta del piede - come noi - e della mano a terra), nel separarsi dal ceppo originario, i primi Elefantidi (unica famiglia oggi sopravvissuta delle almeno quattro che hanno popolato l'Ordine Proboscidea) antenati dei mammut, assunsero un'andatura digitigrada, cioè con le sole dita che poggiano al suolo, come nel vostro cane o gatto, più redditizia per la corsa, ma che ha posto qualche problema di sovraccarico quando le dimensioni di questi animali sono aumentate fino a quelle attuali.
E manco a dirlo, l'elemento osseo che ha assunto la funzione di sesto dito negli elefanti è il sesamoide radiale.

Quindi, il fenomeno della cooptazione di un osso del polso per svolgere funzioni simili a quelle di un dito si è ripetuto più volte, in gruppi diversissimi di mammiferi, ed in risposta a funzioni ed utilità diverse (prensilità, aumento di superficie della mano, scarico del peso), sia quando le altre dita erano ormai indirizzate a destini funzionali diversi per la storia degli antenati, sia quando era utile un elemento aggiuntivo per svolgere la stessa funzione; ma la cooptazione ha coinvolto sempre lo stesso elemento del carpo.
Ora potremmo congetturare a piacimento sui fondamenti di questa regolarità, senza andare oltre il limite delle "storielle proprio così". Possiamo immaginare che l'osso sesamoide radiale sia quello più "libero" di modificare la propria forma, o per scarsa rilevanza funzionale (che quindi potrebbe essere alterata facilmente), o perchè tali modificazioni interferiscono poco nei processi di sviluppo e nelle relazioni con le parti anatomicamente vicine, e quindi possano avvenire senza scombussolare troppo l'architettura complessiva dell'arto.
Comunque sia, dovremmo essere di fronte ad un interessante schema di vincoli strutturali e canalizzzione del cambiamento, per usare termini cari allo stesso Gould.

mercoledì 1 febbraio 2012

L'ombelico di Adamo e la qualità della Storia

Adamo aveva l'ombelico ? E perchè mai avrebbe dovuto averlo, non essendo mai stato congiunto ad un cordone ombelicale ? D'altra parte, Dio lo avrebbe dunque creato con una così vistosa differenza rispetto a tutti quelli che sono venuti dopo di lui ?
E non parliamo poi di Eva che, poverina, è stata creata due volte in due modi diversi. Risulta anche a voi ? Voi non ci crederete, ma in casa ho una Bibbia. In inglese, ma ce l'ho. Il primo capitolo del Genesi contiene tutto il racconto canonico della creazione in sei giorni: i primi tre giorni sono impegnati in ripartizioni e separazioni: 1) il buio dalla luce 2) le acque del cielo da quelle della terra (2500 anni fa non si avevano le idee molto chiare sul ciclo dell'acqua, e non ci si rendeva conto che quella che piove dal cielo e quella che scorre sulla terra è sempre la stessa acqua che gira su e giù, evaporazione e precipitazione... quindi, un giorno di lavoro sprecato); 3) il mare dalla terra, e creazione delle piante. Il quarto giorno il Sole, la Luna e le stelle, il quinto gli animali marini e gli uccelli, e il sesto giorno gli animali terrestri e l'uomo "e li creò maschio e femmina" (1:27). Crescete e moltiplicatevi. Fine del racconto.
Ma subito dopo (da Genesi 2:5), la storia ricomincia da capo, con l'altro racconto ugualmente canonico e tutto a rovescio: in una terra vuota e priva di vegetazione, Adamo viene creato dalla polvere del terreno, Dio gli soffia nelle narici, e POI crea l'Eden con gli alberi e tutte le piante, POI i fiumi, POI tutti gli animali, e infine fa addormentare Adamo, gli toglie una costola e crea Eva (2:22).
Nessun prete mi ha mai dato una spiegazione per questa contraddizione, forse anche perchè non glie l'ho mai chiesta.
Comunque si siano svolti i "fatti" (ehm...), e qualunque sia stata la procedura di fabbricazione di Eva, il dilemma della presenza o meno dell'ombelico si pone, ed ha appassionato e diviso per parecchi secoli teologi e studiosi, in dispute anche furibonde. Tanto che alcuni pittori (qui sopra l'Adamo di Albrecht Durer, a cavallo tra XV e XVI secolo) facevano ricorso ad astuti stratagemmi per non schierarsi, ed evitare di urtare la suscettibilità di alcuna delle fazioni.

Poi gli uomini di Chiesa hanno pensato bene di rivolgere il loro acume verso questioni più remunerative e meno inconcludenti, come le speculazioni finanziarie ed immobiliari, nelle quali hanno registrato successi ben maggiori che nei problemi teo-anatomici, visto che il grave rebus dell'ombelico è rimasto di fatto irrisolto, mentre lo IOR invece lucra a gonfie vele. E' proprio vero che ciascuno dovrebbe fare ciò per cui è maggiormente portato.

Ma l'appassionante dibattito ombelicale ritornò ad avvampare ancora vigoroso a metà dell'ottocento, quando Charles Lyell fondò, di fatto, la Geologia moderna, ed espose tutte le evidenze di una Terra estremamente antica e soggetta a cambiamenti continui e lentissimi, di cui possiamo comunque vedere le tracce (fossili di animali marini su montagne che dovevano quindi un tempo essere immerse, e così via). Un colpo sotto la cintura per la datazione della Creazione, a rigor biblico, al 4004 a.C. (ne abbiamo già discusso qui).
Con lo scopo esplicito di parare il colpo, Philip Henry Gosse pubblicò, nel 1857, il suo libro più celebre e più fallimentare: Omphalos: An Attempt to Untie the Geological Knot (Omphalos: un tentativo di sciogliere il nodo geologico). Omphalos è, in greco, ombelico, non a caso.
La tesi dell'ombelico sostenuta da Gosse era in realtà piuttosto geniale, anche se la prosecuzione della sua logica porterebbe ad esiti sconclusionati, e più che sciogliere il nodo geologico, è un tentativo di sciogliere il problema dell'uovo e della gallina: nel momento in cui Dio creava un albero dell'Eden, lo creava con, al suo interno, tutti gli anelli concentrici testimoni di un accrescimento annuale che non c'era mai stato. Ogni oggetto al momento della creazione porta con sè le tracce di una storia precedente mai esistita, ed Adamo aveva quindi il suo ombelico privo di significato. Il motivo di questa creazione corredata di "falsa storia" è in realtà piuttosto elegante: ad esempio, un ruminante adulto non potrebbe essere creato con i molari intatti, perchè non riuscirebbe neanche a chiudere la bocca: dovrà essere creato con i denti già abbondantemente consumati da un uso che non ne ha ancora mai fatto. Gosse era un vero ed eminente scienziato, attento ai fatti ed acuto osservatore: riconosceva la nostra qualità di "individui storici", inscindibili dai processi che ci plasmano e ci modificano nel corso della nostra esistenza; quindi una creazione istantanea deve per forza creare anche i presupposti storici del nostro essere al momento della nostra apparizione nel mondo.
L'approccio di Gosse è pressochè inattaccabile dal punto di vista teorico: seguendo il suo ragionamento e portandolo oltre, noi tutti potremmo essere stati creati anche cinque minuti fa, con tutti i nostri ricordi. Per lo stesso motivo, la sua teoria (come tutte le teorie creazioniste) non può in alcun modo essere considerata scientifica, poichè non è, in linea di principio, nè verificabile, nè falsificabile dai dati empirici: per il creazionismo in generale, perchè di qualsiasi oggetto si osservi, si potrà sempre dire "è stato creato così"; e qui a maggior ragione perchè la stessa nostra esperienza sensoriale perderebbe di significato, potendo essere stata essa stessa creata.

La necessità fondamentalista di Gosse, di piegare i fatti osservati alla sua fedeltà alla religione, porta inevitabilmente in un vicolo cieco della logica. Così come Adamo non ha avuto un'infanzia, non ha corso, non si è arrampicato sugli alberi, non è caduto, non si è sbucciato le ginocchia e ragionevolmente non porta cicatrici delle inevitabili ferite dei suoi giochi, e dovrebbe però avere quell'unica cicatrice in mezzo alla pancia da una ferita altrettanto irreale; allo stesso modo la Terra sarebbe stata creata con tutte le sue stratificazioni geologiche, fossili di animali mai esistiti, non solo creati già fossilizzati, ma anche ben nascosti all'interno delle rocce per meglio subdolamente tentare la curiosità dei paleontologi e indurli alla miscredenza; testimonianze di sollevamenti di montagne ed inabissamenti di terre mai avvenuti, giacimenti di petrolio già formato nel sottosuolo, rocce create già erose dal vento e dall'acqua, e tutte le infinite tracce di una lunga storia che non ha mai avuto luogo. Dio avrebbe creato un'immensa e superflua menzogna per mettere alla prova la nostra fede. Fu troppo anche per i più fedeli, sia fra gli amici di Gosse che fra i credenti; criticato e rifiutato pressochè da tutti, Omphalos fu un insuccesso. Fu ristampato con un titolo meno oscuro ed inquietante, Creation, ma il problema non stava nel titolo. Nel 1869 quasi tutte le copie stampate finirono al macero.

Concluderei con una chicca che potrebbe ritornare presto di attualità: una delle correnti di pensiero recenti miranti a mettere in ridicolo la teroia dell'ombelico di Gosse prese un nome che mi piacerebbe tradurre in italiano con "giovediscorsismo", cioè: forse la Terra è stata creata giovedì scorso. Prendeva le mosse da una delle innumerevoli profezie sulla fine del mondo, che era stata fissata per un qualche giorno del 1992 che cadeva di mercoledì; una volta passata la data dell'Apocalisse, ed essendoci ancora evidentemente un mondo in essere, esso doveva dunque essere stato ri-creato de novo il giovedì, con tutta la sua apparenza di storia passata. Mi ritengo dunque pronto a convertirmi al "sabatoscorsismo", verso fine 2012.