giovedì 22 dicembre 2011

L'Importanza del Manager



Prenderò spunto da un articolino di Stefano Feltri (da non confondersi con l'abominevole quasi omonimo) su Il Fatto Quotidiano di ieri, intitolato: E licenziare i manager ?, che a sua volta riporta la pubblicazione Primo, licenziare tutti i manager, del professore della London Business School Gary Hamel, recentemente uscita sulla Harvard Business Review.
La tesi, in estrema sintesi, è che i grandi capitani d'azienda non possano fare molto più che danni, dato che la loro inefficienza nel prendere decisioni è garantita dalla distanza dalla prima linea della realtà operativa, che aumenta proporzionalmente al potere decisionale; e non giustifica minimamente l'enorme costo della loro retribuzione.
Come controfattuale appropriato, viene riportato il caso della Morning Star, un'industria conserviera di grande successo negli Stati Uniti che lavora pomodori, ed è interamente gestita dai lavoratori che si auto-organizzano in gruppi di lavoro spontanei a seconda del coinvolgimento di ciascuno nei compiti dell'altro, senza nessun manager.

Di sicuro il ruolo di conduzione delle imprese tende ad essere valutato moltissimo, e sempre di più: nonostante le aziende non se la passino molto bene, nel 2010 i compensi per i "top manager" sono cresciuti mediamente del 17% in Italia, e del 23% negli U.S.A. Sempre negli Stati Uniti, nel 2010 gli Amministratori Delegati delle 500 più importanti aziende quotate in Borsa hanno percepito in media emolumenti pari a 343 volte quelli di un operaio delle stesse aziende; trent'anni fa, nel 1980, lo stesso rapporto era di 42 volte. In Italia l'andamento è stato del tutto simile; nel 2010 i compensi del 10 % dei lavoratori con i compensi più bassi e quelli del 10 % con quelli più alti, erano in rapporto 1 a 243. E, calcolando anche il valore delle stock options, il costo del lavoro di un singolo Marchionne è pari a quello di 6400 (seimilaquattrocento) operai Fiat: il motivo per cui merita tale spropositata retribuzione è avere polso sufficiente per disfarsi di qualche migliaio di operai allo scopo di ridurre il costo del lavoro. C'è qualcosa che non quadra in questo discorso ? In realtà quasi nulla quadra.

Sono giustificate queste ricompense così sproporzionate ? E quanto incidono realmente le capacità di un manager nel determinare il successo di un'azienda ?
Teoricamente la risposta sarebbe semplice: basta guardare i risultati. Ma appunto per questo non è semplice affatto.

Ogni attività ha periodi favorevoli, nei quali quasi tutto "funziona", o momenti di crisi, indipendenti dalle scelte che si fanno. Molto spesso il successo o l'insuccesso sono definiti dall'epoca in cui si occupa una certa posizione più che dalle capacità. Si potrebbero raccontare migliaia di storie di grandi manager cacciati dopo alcuni anni di risultati scadenti, e dei loro successori baciati dal successo semplicemente portando avanti progetti già impostati dal predecessore; e che magari chiamati ad incarichi ancor più importanti ancora avvolti dall'aura del trionfo, lasciano l'azienda prima che vengano alla luce i disastri provocati dalle loro scelte.

All'inizio degli anni '50 un manoscritto fu sottoposto a molti editori dal padre dell'autrice, e ripetutamente rifiutato perchè "molto noioso", "tedioso resoconto di tipici litigi familiari, piccoli fastidi e adolescenti emotivi", "anche se fosse stato scritto cinque anni fa, quando l'argomento era attuale, non avrebbe avuto possibilità". Quando infine quel testo fu stampato, Il Diario di Anna Frank divenne uno dei libri più venduti al mondo.
Nell'ambito dell'editoria, come delle produzioni cinematografiche, è più facile avere delle controprove, perchè a volte l'editore o il produttore sono costretti a mangiarsi le mani vedendo un progetto da essi rifiutato portato al successo da altri, e gli esempi potrebbero essere migliaia e migliaia.
Il produttore di Hollywood David Picker disse: "Se avessi detto sì a tutti progetti che ho bocciato, e no a tutti quelli che ho accettato, le cose sarebbero andate all'incirca nello stesso modo".
In realtà, per quanto si studi e si valutino i pro e i contro di un qualsiasi progetto, è pressochè impossibile prevederne il successo a priori, se poi ci si dovrà misurare con i gusti del pubblico, e l'esito può essere legato ad una quantità enorme di variabili incontrollabili.
Le cose non vanno diversamente per chi produce elettrodomestici o pentole a pressione, ove un manico dalla forma ergonomicamente perfetta può non incontrare il gusto estetico della massaia, o il colore di una manopola può rendere più attraente un prodotto concorrente.
Questo non vuol dire che non ci siano manager più bravi di altri: si tratta di prendere decisioni, alcune di importanza vitale, altre secondarie; e in una serie di scelte, ciascuno di noi prenderà delle decisioni giuste ed altre sbagliate; alcuni saranno più bravi perchè sbaglieranno con meno frequenza di altri. Ma in quali sequenze le serie di successi e di errori si dispongano nel corso del tempo, è pressochè completamente casuale.
Una serie di scelte indovinate può garantire uno strepitoso successo per qualche anno, poi magari il semplice ritorno alla frequenza di errore "normale" (piazzandone magari qualcuno nelle decisioni cruciali) può portare al declino. E magari uno molto bravo potrebbe avere una frequenza di scelte sbagliate un pò superiore al suo standard nei primi anni, con una fase negativa destinata ad essere ribaltata in seguito, ma non potrà dimostrarlo perchè sarà silurato prima.

Il primo grafico (1) mostra i rendimenti degli 800 più importanti fondi di investimento degli Stati Uniti nel quinquennio 1991-95. Le barre nere rappresentano il rendimento maggiore o minore rispetto alla riga centrale orizzontale, che è semplicemente la media; gli 800 gestori sono ordinati da sinistra a destra dal "migliore" al "peggiore".

Se doveste investire ora i vostri risparmi per i prossimi anni, scegliereste qualcuno che si trova verso sinistra o verso destra in questa graduatoria di rendimenti ?

Ebbene, nel secondo grafico ci sono gli stessi 800 fondi, disposti nello stesso ordine da sinistra a destra, con le barre nere che rappresentano il loro rendimento nei 5 anni successivi, 1996-2000.

Se si guarda l'immagine nel suo complesso, si può notare che le barre nere tendono a stare, nell'insieme, un pochino più in alto nella parte sinistra che in quella destra della figura; quindi ci sono effettivamente dei gestori un pò più bravi di altri; ma le fluttuazioni casuali sono largamente preponderanti e rendono le differenze "sistematiche" pressochè impercettibili.

Una controprova si ebbe in un famoso e divertente esperimento condotto in Italia nel 2006. Su un tavolo fu messo un mucchio di cubetti, ciascuno con il nome di un titolo quotato in Borsa, rappresentanti l'intero indice Mibtel. Ad un simpatico macaco di cinque anni di nome Tilly, fu fatto capire che veniva premiato con una caramella ogni volta che consegnava un cubetto preso dal mucchio allo sperimentatore. In questo modo fu scelto un portafoglio di cinque cubetti, in base alle competenze economico-finanziarie del macaco (per la cronaca: Autogrill, Eni, Finmeccanica, Montepaschi e Tenaris), con cui costruire un fondo di investimento virtuale. Dopo un mese, al netto di tasse e commissioni, il fondo-macaco ebbe un rendimento dell' 1,4%, contro lo 0,7% della media dei fondi azionari italiani gestiti da operatori professionali ed esperti.

Non ho alcun dubbio che su un periodo di tempo più lungo, gli operatori professionali avrebbero dimostrato di fornire risultati migliori della scimmia (per quanto, a livello umano, le mie simpatie vadano al macaco piuttosto che ad un broker); ma è appunto il lungo termine il fattore cruciale per la valutazione delle capacità in attività soggette a forti influenze casuali nell'ottenimento dei risultati, come è la gestione delle aziende.
In realtà, occorrerebbe che ogni manager rimanesse alla guida della stessa società per 30 o 40 anni, attraversando un'adeguata serie di fasi favorevoli e sfavorevoli, per potere fare una valutazione minimamente rigorosa delle sue capacità in base ai risultati conseguiti; ma questo, evidentemente, non accade mai.

Quindi, l'idea di licenziarli tutti in blocco non è così campata in aria, specialmente se bisogna strapagarli a livelli esorbitanti. L'abbattimento dei costi sarebbe sicuro, il decadimento nei risultati no. Almeno nel breve periodo, il rapporto costi/benfici favorisce il macaco.

(1) I grafici e diverse altre informazioni sono tratti da: Leonard Mlodinow - La passeggiata dell'ubriaco - Le leggi scientifiche del caso. Rizzoli, 2010

mercoledì 14 dicembre 2011

Stiamo attenti, ci difendono





Si moltiplicano le indesiderabili imprese dei difensori della nostra razza. Ieri, giusto mentre stavo scrivendo qualche riga prendendo alcuni spunti da un bell'articolo di Marco Revelli su il manifesto sull'assalto al campo Rom di Torino, è arrivata la nuova esplosione dello stesso malefico bubbone a Firenze. Ricominciamo dunque da capo.
Trovo molto difficile vedere una relazione o qualche forma di parallelismo tra i due fatti, se non che sono due ramificazioni distinte che si originano dallo stesso sottofondo culturale. Decenni di propaganda razzista producono i loro frutti in molti modi diversi, e questa ampiezza di varianti nell'espressione dell'odio lo rendono ancor più pericoloso.

Leggere del miserabile substrato culturale nel quale si muoveva il ragioniere di Firenze, ed entro il quale aveva comodamente guadagnato la qualifica di "intellettuale" scrivendo articoletti e libercoli - pare che in queste ore si sia scatenata una corsa frenetica alla cancellazione delle pagine web che li recensivano entusiasticamente - dà un'idea delle radici del suo gesto. Non posso permettermi di leggere nel cervello di nessuno, ma ho la sensazione che anche il mito della ricerca della "bella morte" abbia avuto il suo peso nella sua decisione. Di sicuro hanno ragione i senegalesi: non si può liquidare il tutto come il gesto di un pazzo isolato. Non si trattava di un pazzo, e meno che mai isolato. Esiste, e purtroppo prospera, una sottocultura di miti razziali, e sarebbe un errore tragico voltarsi dall'altra parte per ignorare il problema. Anzi, la cosa migliore che si possa fare è renderla il più possibile palese, esporla, farla uscire dalle catacombe dei circoli addobbati con croci celtiche, e portarla allo scoperto. Affrontare il rischio della maggior pubblicità per confutarla, sbugiardarla, ridicolizzarla. Non dovrebbe essere difficile, e nel mio piccolo penso di tentare qualcosa.

La qualifica di "intellettuale" credo sia appuntata anche, nell'ambito della Lega Nord, sul Presidente Regionale Cota il quale, a differenza dei suoi colleghi di partito, sarebbe, dicono, capace di leggere e scrivere. Però non esercita, e sull'assalto al campo Rom di Torino non ha trovato nulla da dichiarare.
Un pogrom.
Causato dalla bugia di una ragazzina. Causato dalla volontà di vendicare uno stupro. Causato da un equivoco.
False tutte e tre le frasi.
Andando a memoria, l'esigua minoranza degli stupri che vengono denunciati ammonta a non meno di 5-6 al giorno, che passano in mezzo ad un'indifferenza generale anch'essa tragica. Non si usa vendicare gli stupri in quanto tali.
Nella testa della ragazzina impaurita da una mamma bigotta e dal proprio stesso gesto liberatorio, la bugia dello stupro appare improponibile: come si fa a renderla più credibile ? Si può dare la colpa agli zingari: allora sì che tutto il quartiere sarà solidale. Si va sul sicuro scaricando le colpe su un nemico già identificato a priori. Non c'è alcun equivoco, e la bugia è stata la CONSEGUENZA di un odio che era già stato fomentato così ampiamente da essere ben percepito e conosciuto dalla ragazza, non la causa.
L'odio era già dato per scontato. Su quello si è potuta appoggiare qualsiasi ulteriore costruzione di menzogne.
Revelli cita il titolo de La Stampa, uscito prima che emergesse la verità: "Mette in fuga i due rom che violentano la sorella". Non i violentatori: i rom che violentano. La categoria precede e prevale sull'azione. Il giudizio tocca prima cosa si è, poi cosa si fa. Nessun giornale titolerebbe mai "Un toscano e un ligure stuprano una ragazza", ma "Due rom stuprano una ragazza" appare normale. Aggiungo anche che se queste due notizie fossero vere entrambe, una sola si guadagnerebbe un titolo di giornale.
Così come non si titola mai "Ingegnere edile ubriaco al volante travolge un passante". Che motivo c'è di categorizzare l'atto dell'ubriachezza nefasta ? Lo si fa solo nel caso "Marocchino ubriaco al volante eccetera." Allora suona bene alle orecchie del pubblico. Quanto bisogno abbiamo di nemici contro cui scatenarci ?
E' un'impostazione che non a caso trova uno specchio giuridico nell'introduzione del reato di immigrazione clandestina, che crea la mostruosità di poter punire le persone per ciò che sono e non per ciò che fanno.

Una crisi economica profonda esaspera i conflitti sociali; e la propaganda della borghesia (che oggi, 2011, è borghesia in senso più che mai ottocentesco ed elitario) addita il diverso, l'estraneo, il nemico esterno al corpo sociale, come quello che ha perturbato una passata epoca felice in realtà mai esistita: perchè i penultimi della società impegnino le loro forze a fare guerra contro gli ultimi per contendersi brandelli di povertà, lasciando tranquilli i beneficiari ed i privilegiati dello sfacelo.
Si diffonde sfiducia nella democrazia rapprentativa, e imperversa l'antiparlamentarismo (con molte buone ragioni, beninteso). Non i rappresentanti indegnamente eletti, ma solo un Uomo della Provvidenza potrà riportare la guida politica in mani salde e sicure e ridare dignità alle masse frustrate.

E a voi non appare un panorama di Weimar sull'orizzonte ?

martedì 6 dicembre 2011

Il seguito delle foglie morte - Elogio di Andy Capp


Nel post precedente abbiamo visto come una disposizione ordinata (foglie sistemate sul marciapiede e non sulla strada) possa derivare spontaneamente da un movimento caotico e del tutto casuale e non direzionale. Perchè questo si verifichi è necessaria, ovviamente, una fonte di energia (il passaggio dei veicoli che genera il movimento); ma soprattutto, occorre che le contingenze storiche e/o ambientali determinino condizioni diverse di stabilità / instabilità in parti diverse della distribuzione casuale (le foglie che finiscono casualmente sul marciapiede sono stabilmente "fissate" e non si muovono più, mentre quelle sulla strada verranno movimentate di nuovo).

Si tratta, in fin dei conti, solo di una versione dell'esempio canonico della passeggiata dell'ubriaco: l'ubriaco esce dal bar e si incammina barcollando verso casa (almeno in quella che a lui sembra la via di casa), oscillando a caso a destra e a sinistra ad ogni passo; da un lato del marciapiede ha i muri della fila di case a cui può appoggiarsi per rimanere in piedi; dalla parte opposta metterà il piede in fallo fuori dal bordo del marciapiede e cadrà; e non essendo in grado di rialzarsi, si addormenterà lì a sognare insetti e millepiedi (è il sogno ricorrente degli alcolisti, per chi non lo sapesse).
Il personaggio letterario più competente sulla materia, Andy Capp, esemplificò al meglio il procedere per oscillazioni laterali casuali, in una striscia che purtroppo non sono riuscito a recuparare, nella quale spiegava con il naso rubizzo al poliziotto che lo osservava con pacato disgusto: "Vede, agente, il mio problema per arrivare a casa non è la lunghezza della strada, ma la larghezza."
Noi non possiamo prevedere quanta strada percorrerà l'ubriaco; ma abbiamo la quasi certezza che domattina lo troveremo addormentato, in qualche punto del percorso, nella scolina al bordo della via, anche se nel suo barcollare non c'è alcuna tendenza verso quella specifica direzione.
Tuttavia, se abitassi in un quartiere in cui l'alcolismo fosse una grave piaga sociale, nel vedere tanti ubriachi riversi in quella posizione, potrei pensare che ci sia un qualche cosa che li spinga a cercarla attivamente; invece, si tratta solo di una "configurazione stabile" sulla quale hanno termine le oscillazioni casuali.

Di esempio canonico in esempio canonico, non poniamo limiti alla banalità: lancio della moneta (qualcuno l'ha mai vista una moneta che abbia realmente una croce sul verso e una testa sul retro ? Esisterà ? Chissà se si coniano delle monete apposta per tirare a sorte ?). Probabilità di ottenere testa oppure croce ? 50% e 50%, e non ci sono dubbi (gli statistici preferiscono 0,5 e 0,5 perchè sono numeri più "maneggevoli" per fare i calcoli. Adotterei questa computazione). Però, se lancio la moneta, diciamo, 10 volte, ho probabilità piuttosto alte di ottenere, ad esempio, 7 teste e 3 croci (frequenze osservate: 0,7 e 0,3). Se la lancio 1000 volte, è praticamente impossibile (probabilità talmente basse ecc...) che abbia 700 teste e 300 croci. Altrettanto probabilmente lo scarto assoluto tra le due alternative sarà superiore alle 4 unità del 7 a 3 di prima, ma in termini di frequenze, aumentando il numero di lanci ci si avvicinerà sempre di più allo 0,5 a 0,5 che ci si aspetta (ad esempio: 480 a 520, 40 unità di scarto e frequenze 0,48 e 0,52). Immagino che nessuno eseguirà materialmente l'esperimento, che non ha l'aria di essere appassionante, ma spero che il principio sia chiaro: via via che aumenta il numero di lanci, le frequenze di teste e di croci TENDONO effettivamente alle attese probabilistiche di 0,5 e 0,5.

Introduciamo ora qualche modifica ai meccanismi di casualità (ho letto questo esempio da qualche parte e non mi ricordo più dove): prendiamo da un mazzo di carte 5 "numeri" (dall'asso al 7 se preferiamo le carte napoletane, che ci eviteranno il fastidio di cercare i jolly per toglierli) e 5 figure (fanti, cavalli e re). Mescoliamo il nostro mazzettino di 10 carte, e ne estraiamo 5 a caso. Poi ricostruiamo di nuovo il nostro mazzettino da 10 in proporzione alle carte estratte (cioè: se ho pescato 3 figure e 2 numeri, mi rifarò un mazzetto di 6 figure e 4 numeri), e così via.
Ora fermi tutti e torniamo al punto di partenza. Ho in mano 5 figure e 5 numeri, devo estrarre 5 carte a caso e riprendermene altrettante corrispondenti a quelle estratte. Quante probabilità ha ciascuna delle prossime carte che mi troverò in mano di essere una figura oppure un numero ?
0,5 e 0,5, evidentemente: le due alternative hanno esattamente le stesse probabilità iniziali.
Se eseguo l'estrazione a caso di 5 carte e la loro "riproduzione" per 100 cicli consecutivi, che tipo di tendenza potrei osservare, dopo aver conteggiato tutte le figure e tutti i numeri che mi sono passati per le mani nei 100 passaggi ?
Sorpresa: in questo caso, più si allunga la serie delle estrazioni a sorte, più il conto delle carte che ho avuto in mano si ALLONTANERA' dalle probabilità iniziali di 0,5 e 0,5. Pressochè inevitabilmente, rileverò una frequenza altissima o di figure o di numeri, ed una frequenza bassissima della rispettiva controparte. Perchè, dopo un certo numero di cicli in cui figure e numeri variano oscillando casualmente, prima o poi estrarrò o 5 figure o 5 numeri, e da quel momento in avanti continuerò a ricostruire mazzetti contenenti sempre e solo lo stesso tipo di carte.
Quindi, se dovessi trarre delle conclusioni dal risultato complessivo di una sola serie di cicli di riproduzione, senza tenere conto della struttura della variazione, potrei immaginare una forte tendenza di un tipo di carte ad essere estratto e duplicato preferenzialmente.
Eppure, la stima iniziale di probabilità 0,5 e 0,5 per i due tipi di carte era esatta. Ancora una volta, una configurazione stabile che pone un limite alle oscillazioni casuali mi potrebbe dare una percezione fallace di una tendenza.

Distorsioni di questo genere potrebbero rivelarsi particolarmente ingannevoli se mi occupassi di scienze storiche: dovrei trarre tutte le informazioni dall'unica realtà che ha effettivamente avuto luogo, senza possibilità di ripetere l'esperimento (e probabilmente mi scervellerei a cercare i fattori causali che hanno generato una tendenza inesistente).

Tornando alle carte, con un approccio sperimentale, invece, potendo ripetere la prova tutte le volte che vogliamo, avremmo la possibilità di verificare che metà delle volte avremo prevalenza di figure, e nell'altra metà di numeri; e poi potremmo sbizzarrirci a costruire modelli di variazione diversi, ad esempio con tre classi anzichè due, oppure con classi a probabilità diverse; ad esempio, con una carta per ogni valore nel mazzetto delle 10 iniziali: l'asso che fa classe a sè; il gruppo 2-7; e le figure. Sarebbe interessante scoprire quanto spesso il gruppo inizialmente più abbondante finisce per monopolizzare il risultato finale, e con quale frequenza, che sarà bassa ma non irrilevante, mi ritroverò alla fine con un mazzetto di 10 assi (sì, dovrò procurarmi più mazzi di carte).

E così, semplicemente dando alle carte da gioco la possibilità di riprodursi, abbiamo costruito un micro-modellino di micro-evoluzione: gruppi diversi che rimangono isolati da una stessa popolazione iniziale e iniziano a riprodursi separatamente, si diversificano in vario modo tra di loro: e il tutto (udite, udite !) senza neanche chiamare in causa la selezione naturale (cioè differenze di potenziale riproduttivo per tipi diversi a seconda delle circostanze).

venerdì 2 dicembre 2011

Les feuilles mortes


L'autunno, con la caduta delle foglie, è la stagione che viene tradizionalmente considerata, nel sentire comune, come ispiratrice di pensierini.
Non mi permetto di sfuggire a tale banalità: da diverse settimane seguo con qualche attenzione il crescere del tappeto di fogliame a terra e la sua disposizione. Quest'anno l'andamento è osservabile con particolare continuità e regolarità, grazie all'acquiescente indifferenza della Nettezza Urbana al fenomeno.
Nel tratto di viale alberato che percorro in tutti i giorni lavorativi, si è ormai depositato uno strato decisamente spesso di coltre frusciante sul marciapiede, mentre l'asfalto percorso con una certa intensità da automobili e camion è del tutto sgombro. La ragione di questa asimmetria appare del tutto ovvia: lo spostamento d'aria prodotto dai veicoli in corsa SPINGE le foglie sul marciapiede.
Appare.
Se si guarda un pò meglio, però, i pensierini si fanno più interessanti. La parte frontale del veicolo di passaggio produce in effetti un cono di pressione dato dall'aria spostata che tende realmente a spingere lateralmente; però, subito dietro, la scia dell'automezzo è una lunga area di bassa pressione che "risucchia" di nuovo le foglie verso la corsia di marcia. L'effetto complessivo è più che altro un sollevamento e rimescolamento, e non è affatto così direzionale come potrebbe sembrare intuitivo. Così come le foglie cadono dagli alberi disponendosi casualmente tutt'attorno, ad ogni passaggio di automobile o camion vengono risollevate dalla strada e di nuovo lasciate ricadere a caso un pò in tutte le direzioni. Eppure le foglie lasciano sgombra la strada e si accumulano sul marciapiede; questo è un fatto. Il vero motivo di questa disposizione così drasticamente diseguale è che le foglie sul marciapiede non vengono più mosse (per quanto io sia un pò aumentato di peso negli ultimi anni e tenda a camminare piuttosto speditamente, lo spostamento d'aria da me prodotto è ancora del tutto miserevole rispetto ad un camion in corsa: ma posso migliorare). Quindi le foglie hanno destini diversi a seconda della loro destinazione: quelle che ricadono sulla strada vengono "rimesse in gioco" in vista del prossimo veicolo che passerà; quelle che finiscono sul marciapiede non vengono più spostate e rimangono lì. E' questa asimmetria di destini che produce lo spostamento netto di foglie dalla strada al marciapiede, e non il movimento in sè, che è invece casuale e non direzionale.

Circa trent'anni fa, il mio professore di Chimica all'Università introdusse il concetto di entropia facendo l'esempio di una scatola con il fondo coperto di una moltitudine di palline bianche e nere: ho le palline bianche che coprono metà del fondo della scatola, e le palline nere sull'altra metà; ora scuoto energicamente la scatola, e guardo come è cambiata la disposizione sul fondo. Da questo punto in avanti, avendo come unica azione possibile lo scuotimento della scatola, quante probabilità ho di ritornare ad avere tutte le palline bianche da una parte e le nere dall'altra ? (La risposta "è impossibile" non è quella migliore: si dice "probabilità talmente basse da potersi considerare trascurabili"). Per ritornare alla disposizione ordinata devo necessariamente "consumare energia", cioè infilare il braccio nella scatola e, con la manina, spostare le palline per separare le bianche dalle nere.
Il nostro esempio iniziale delle foglie serve a chiarire che lo stesso tipo di disposizione ordinata può essere raggiunto anche senza la necessità di un "progetto consapevole" che identifichi ordine e separazione secondo un proprio "disegno intelligente".
Per cui, quando il prossimo creazionista di passaggio vi porrà la rituale domanda: "Ma può mai l'Ordine generarsi spontaneamente dal Caos ?" sappiate che la risposta è: "Sì" (a tale risposta si dovrebbe prontamente aggiungere "purchè ci sia energia disponibile da fonti esterne": il secondo principio della termodinamica non si tocca).

Il discorso merita un seguito, che in seguito seguirà; per ora ci accontentiamo di questa modesta aggiunta alla infinita tradizione dei pensierini sull'autunno e le foglie che cadono.