giovedì 29 ottobre 2009

Collasso


Qualche mese fa ero qui a condividere con la rete i miei dubbi da incompetente sull'incompatibilità dell'economia con alcuni fondamenti elementari della fisica e dell'aritmetica, ragionevolmente supponendo che essa (incompatibilità) fosse, almeno in larga parte, apparente e dovuta alla mia incomprensione dei meccanismi profondi della materia in esame (post del 14 giugno 2009: Da dove nasce il profitto, ecc.).
Oggi scopro, con sentimenti contrastanti, che simili approcci allo studio delle dottrine economiche da un punto di vista fisico sono in realtà una disciplina fondamentalmente nuova, ed esistono fior di accademici che, ovviamente molto meglio di quanto possa fare io, esaminano la sostanziale incompatibilità dell'economia di mercato con le più elementari leggi della fisica e della termodinamica.
In primo luogo affiora un tantino di orgoglio personale per essere arrivato da solo ad un approccio più o meno dello stesso tipo al problema, il quale va però a finire subito nel cestino della spazzatura nel momento in cui si mette a fuoco il fatto che la comunità scientifica svegli solo ora la sua attenzione per queste analisi fondamentali, dopo due secoli di capitalismo industriale e di letargo critico.
Gli studiosi di "Economia Biofisica", così si chiama questa disciplina che, più che nuova, si può definire nascente, provengono in prevalenza dalle branche di economia, ecologia ed ingegneria, ed hanno tenuto all'Università di New York appena la loro seconda conferenza annuale in questo mese di ottobre.
La conferenza si è incentrata soprattutto sulle questioni di utilizzazione e disponibilità di energia e, a quanto pare, risulta che studiosi provenienti da campi diversi, specialmente l'ecologia, riescano a cogliere l'essenza di tali problematiche sotto punti di vista che gli economisti "classici" evidentemente hanno sempre ignorato.
Non che abbia mai avuto una grande stima degli economisti, specialmente dei liberisti dissennatamente fiduciosi nelle proprietà taumaturgiche del mercato; e non nego di essere spudoratamente di parte nell'attribuire un giudizio di valore alle diverse scienze, ma penso che: "se l'energia che consumo per procurarmi il cibo, masticarlo e digerirlo è superiore all'energia che il cibo stesso mi fornisce, muoio" sia un concetto che dovrebbe risultare ovvio a chiunque, senza bisogno di essere ecologi o biologi provetti, e non avrei mai detto che potesse essere così fuori portata per la forma mentis di un economista: forse, con un pò di esercizi preliminari, potrebbe arrivare a capirlo persino Tremonti.
Il concetto di cui sopra si chiama EROI (Energy Return On Investment) e può essere applicato allo stesso modo al metabolismo di un essere vivente come ad una società tecnologica: per poter tirare avanti, non posso consumare più energia da quella che ricavo dalle mie attività.
Si calcola che nel mondo il consumo di energia per le attività umane si raddoppi ogni circa 37 anni, mentre la produzione di energia non sta al passo, raddoppiandosi ogni circa 56 anni. Ma c'è di peggio: la maggior parte della produzione energetica è ancora comunque data dall'estrazione di petrolio, e lo EROI per questa attività si sta riducendo molto velocemente, perchè i giacimenti si vanno impoverendo e l'estrazione diventa sempre più difficoltosa: negli Stati Uniti si è passati da un EROI di circa 100 nel 1930 (consumando l'energia equivalente a 1 barile di petrolio riuscivo ad estrarne 100 barili), a meno di 36 negli anni '90, a 19 nel 2006.
Il collasso dell'attuale sistema economico alimentato a petrolio è quindi, più prima che poi, garantito: quando dovrò consumare quasi tutta l'energia disponibile solo per produrre altra energia, non ne avrò più per nessun'altra attività: la nostra civiltà sta diventando come un animale con un metabolismo talmente dispendioso che deve passare tutto il suo tempo solo a mangiare senza poter fare nient'altro (ammesso, ovviamente, che riesca a trovare cibo a sufficienza).
Morale della favola: la dottrina liberista, basata sulla crescita economica continua, semplicemente non sta in piedi in termini fisici e termodinamici. Nonostante già negli anni '20 il Premio Nobel per la chimica Frederick Soddy, in "Wealth, Virtual Wealth and Debt" (Ricchezza, Ricchezza virtuale e Debito) avesse posto la questione che fosse l'energia alla base dell'economia, e non le curve di equilibrio tra domanda e offerta come ritenuto dall'ottusa scienza economica classica, che egli criticava opponendole il concetto che la "ricchezza reale" risiede nell'utilizzazione di energia per la trasformazione di oggetti fisici, che sono quindi soggetti alle leggi della termodinamica, il problema è stato grossomodo ignorato per quasi un secolo, e l'energia è stata considerata alla stessa maniera di una merce qualsiasi, e soggetta alle stesse regole di mercato di regolazione di domanda e offerta, anzichè il "cibo" senza il quale le altre merci non possono essere prodotte.
L' economia reale, in termini fisici, è lo studio di come gli uomini trasformano le risorse della natura per adattarle ai propri bisogni ed alle proprie necessità. Con buona pace di Adam Smith e della sua presunta "mano invisibile" attraverso cui il libero mercato si autoregola, e se si lascia ciascuno libero di perseguire il proprio personale interesse il risultato globale dovrebbe risultare il migliore possibile per tutta la collettività (una palese frottola la cui assurdità dovrebbe risultare intuitiva, ma alla quale tuttora parecchi prestano credito), l'economia di mercato non è compatibile con la fisica e con la termodinamica. Su questo punto il verdetto dell'Economia Biofisica è unanime: consumiamo molto di più di quello che potremmo permetterci (e se ciascuno è lasciato libero di perseguire il proprio personale intersse, continueremo a consumare altrettanto dissennatamente). Il dibattito verte, grossomodo, tra la scuola di pensiero più pessimista, secondo la quale il collasso è ineluttabile ed imminente, e gli inguaribili ottimisti secondo cui si può ancora riuscire a raddrizzare la baracca, naturalmente al prezzo di un radicale ridimensionamento dei nostri stili di vita. Si chiama anche "Scienza triste", ma almeno finalmente i conti mi tornano.

Per saperne di più:
Nathanial Gronewold: Does Economics Violate the Laws of Physics ? Scientific American, 23 ottobre 2009.

sabato 17 ottobre 2009

Il Complotto


Penso che sia il momento di tornare a trattare temi non legati alla stretta attualità; ad esempio: perchè le persone ritengono di individuare trame, complotti, volontà nascoste nelle circostanze della vita ?
Perchè, quando una serie di eventi non si presenta sotto una veste a noi favorevole, siamo pronti a pensare a trame consapevolmente ordite da Satana, dagli extraterrestri che preparano l'invasione della Terra, dalla magistratura comunista, dalla stampa comunista in combutta con tutto il resto della stampa mondiale, dal KGB, dalla suocera ?
E allo stesso modo, siamo pronti a pensare che, in circostanze fortunate, siano intervenute volontariamente entità benefiche che consapevolmente ci hanno tirato fuori dai guai (Babbo Natale, Allah, Silvio Berlusconi, Gesù Bambino, Guido Bertolaso, l'Angelo Custode, Silvio Berlusconi, il centravanti che nel tempo di recupero si sveglia da novanta minuti di letargo e finalmente la butta dentro, Padre Pio, Silvio Berlusconi, la Madonna di Lourdes) ?
Perchè crediamo di vedere figure nella forma delle nuvole o nella disposizione delle stelle, e perchè mai ci sono persone che si rovinano inseguendo il miraggio di impossibili schemi di prevedibilità nelle estrazioni del Lotto o nei numeri della roulette ?
C'è qualcosa di malato nella nostra capacità di immaginare le cause degli eventi ?
Michael Shermer (1) suggerisce una spiegazione che mi sembra dotata dei crismi della plausibilità (che sia plausibile non significa che sia esatta): egli individua un'attitudine che chiama "patternicity", che non saprei tradurre in italiano con una parola, e che definisce come la tendenza a trovare schemi dotati di significato in segnali confusi, la quale potrebbe essersi sviluppata per selezione naturale. Immaginiamo di essere un qualsiasi animaletto del bosco. Sentendo frusciare le fronde, potremmo commettere due tipi di errore nell'interpretazione di questo segnale: pensare che sia un pericoloso predatore che si sta avvicinando per mangiarci, e fuggire, mentre in realtà è solo il vento: questo si chiama "errore di tipo 1" o falso positivo; oppure pensare che sia solo il vento, mentre in realtà c'è un pericoloso predatore che si sta avvicinando; poichè la nomenclatura tecnica raramente stupisce per voli di fantasia, avrete già subodorato che si tratta in questo caso di un falso negativo o "errore di tipo 2".
Nello stato di natura che abbiamo ipotizzato, è evidente che un errore di tipo 2 costa molto più caro di un errore di tipo 1, quindi è plausibile che abbiano avuto più probabilità di sopravvivere e propagarsi animali dotati di meccanismi mentali che tendono a cogliere segni di cause attive nel "rumore di fondo" indistinto.
Ovviamente ci sono schemi causali pienamente reali: il riconoscere ciclicità nelle stagioni, nella fruttificazione delle piante, nelle migrazioni della selvaggina, ha certamente contribuito grandemente alla sopravvivenza delle prime specie di ominidi. Il fatto è che non abbiamo nessun sistema altrettanto immediato per riconoscere le interpretazioni causali corrette da quelle sbagliate: possiamo eseguire questa distinzione solo per via razionale.
E questo meccanismo psicologico di attribuzione di ogni effetto ad una causa attiva (spesso invisibile), probabilmente originato dalla maggior convenienza pratica di comportamenti prudenti, porta infine ad effetti curiosi una volta inserito nel cervello iper-concettualizzante dell'uomo.
Le relazioni umane fondate sul riconoscimento di volontà, desideri ed intenzioni nei nostri simili, ci portano a traslare simili concetti di intenzionalità anche nelle cause invisibili che riconosciamo o crediamo di riconoscere nei fatti della nostra esitenza.
Secondo Shermer, questo sarebbe il meccanismo fondamentale all'origine di misticismi, religioni, e visioni del mondo basate su entità occulte che tramano e progettano attivamente.
Come si diceva all'inizio, tutto questo discorso non ha relazioni con l'attualità di questi giorni: non dovete pensate al triste caso umano di quel pover'uomo con il complesso della statura e delle enormi orecchie che, dopo avere investito i suoi sudati risparmi per farsi impiantare sul cranio la peluria rossiccia delle ascelle di un orang-utan, disposta in filari ordinati come un vigneto, si trova minacciato da oscuri complotti di magistrati che si radunano periodicamente in sabba durante i quali concordano i futuri dispetti. Qui si parlava di percezioni elaborate, erroneamente o no, in buona fede.
Il bambino che combina una marachella dietro l'altra e si prende una sgridata dietro l'altra, quando si lamenta perchè tutti ce l'hanno con lui, lo sa benissimo di avere tante marachelle sulla coscienza.

(1) Michael Shermer: Why People Believe Invisible Agents Control the World. Scientific American Magazine - May 19, 2009.

mercoledì 7 ottobre 2009

Rinvio

Il villaggio gallico rassicura i suoi quattro lettori sull'elaborazione in corso di alcuni nuovi post.
E' tuttavia orgoglioso di annunciare il rinvio della loro pubblicazione per via di un lieve eccesso di tasso alcoolico nella pozione magica di oggi, causa festeggiamenti per la sentenza della Corte Costituzionale sul Lodo Alfano.
Si dà appuntamento a sbronza passata.

venerdì 2 ottobre 2009

Libertà di stampa

Il villaggio gallico è orgoglioso di aderire alla giornata di protesta a difesa della libertà di stampa del 3 ottobre 2009.